La Guardia di Finanza sta indagando su presunte attività della ‘ndrangheta in Emilia Romagna nell’ambito dell’operazione “Radici”. Un quarantenne di Torre del Greco, trasferitosi nella regione da qualche anno, è indagato con l’accusa di essere un prestanome alle dipendenze della criminalità calabrese. Le ‘ndrine dei Piromalli e dei Mancuso avrebbero creato un sistema per far fruttare i soldi provenienti da attività illecite, intestando società a prestanomi compiacenti per eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Il principale indagato, un uomo di 64 anni originario di Gioia Tauro, è ritenuto “contiguo alla criminalità organizzata calabrese e indicato da vari collaboratori di giustizia come attiguo alla ‘ndrina Piromalli di Gioia Tauro”. Con lui sono indagati anche due soggetti residenti a Parma ed il quarantenne di Torre del Greco, che sarebbero gli intestatari fittizi dell’attività di ristorazione della quale il proprietario sarebbe R.G., assunto come semplice cameriere. L’uomo avrebbe quindi intestato fittiziamente le quote sociali, i conti correnti e tutti i beni strumentali riconducibili all’attività alle tre “teste di legno”. L’attività di ristorazione ha anche ricevuto dallo Stato circa 50.000 euro come ristoro per le chiusure imposte durante la pandemia da Covid-19, denaro che, secondo le accuse, non sarebbe stato utilizzato per il ristorante ma per scopi personali, come il noleggio di auto di lusso. L’indagato avrebbe addirittura affermato in una telefonata alla madre: “Lo stato ci ha regalato altri 8.000 Euro”.
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