La giustizia riparativa è un tema di grande importanza per il sistema penale, ma spesso poco conosciuto dalla società. Per discutere di questo argomento, si è tenuto un confronto presso la casa circondariale di Bellizzi Irpino, a cui hanno partecipato il magistrato di sorveglianza di Avellino, Francesca De Marinis, il docente di Diritto penitenziario nell’Università di Salerno, Girolamo Daraio, e l’avvocato penalista Giovanna Perna. Anche un gruppo di detenuti ha partecipato all’incontro e ha posto diverse domande per informarsi sui percorsi di Giustizia Riparativa.
Secondo l’avvocato Perna, la giustizia riparativa è un modello innovativo che mira a ricucire rapporti e risanare ferite, piuttosto che ad accertare responsabilità individuali, ma spesso manca di normative regolamentative. Solo di recente, con la riforma Cartabia, è stata introdotta una disciplina organica in materia, che dovrebbe determinare un sensibile ampliamento delle occasioni di ricorso alla giustizia riparativa quale strumento “concorrente” e “complementare” di gestione del conflitto generato dal reato.
In questo nuovo scenario, il Centro di Giustizia riparativa – mediazione e di aiuto alle vittime di reato, denominato Il Lampione della Cantonata, istituito presso la ex Caserma Litto al Corso Vittorio Emanuele di Avellino, svolgerà azioni di mediazione reo-vittima sia in costanza dell’accertamento penale sia post iudicatum, nel corso dell’esecuzione penale, ed in particolare entro il perimetro delle misure alternative al carcere. Tuttavia, per essere massimamente efficaci, queste azioni esigeranno l’assunzione, da parte della comunità locale, di una “corresponsabilità” nella gestione delle conseguenze del reato, nella ricerca cioè di possibili soluzioni agli effetti “distruttivi” generati dal comportamento illecito.
In definitiva, la giustizia riparativa rappresenta un’opportunità per superare la situazione conflittuale interpersonale generata dal reato e per la ricostituzione del patto di cittadinanza violato. Tuttavia, per far sì che questo strumento possa essere utilizzato in modo efficace, è necessaria una diversa cultura delle pene, con il superamento dell’obsoleta ed insostenibile visione del carcere come unico modello di risposta sanzionatoria al reato.