La passione per il calcio e le vittorie del Napoli hanno acceso gli appetiti della criminalità organizzata. Secondo gli investigatori, dietro il business della produzione di gadget contraffatti della squadra ci sarebbe la regia della camorra. I clan si sono buttati sull’affare cercando di ricavare il maggior profitto possibile. Il primo step è stato quello di riconvertire le fabbriche del falso in centri di produzione di sciarpe, bandiere e magliette recanti stemmi e immagini del Napoli. Il secondo passaggio è quello della distribuzione. Magazzini, spesso custoditi da cittadini extracomunitari, sono adibiti a centri di stoccaggio dove i falsi sono custoditi in attesa di essere consegnati ai venditori al dettaglio. L’ultimo passaggio è quello della consegna ai dettaglianti, quasi sempre venditori abusivi che oltre a doversi rifornire da canali prestabiliti sono costretti a pagare una sorta di tassa per l’occupazione di suolo pubblico. La vendita al dettaglio segue la filiera che, fino a qualche tempo fa, aveva come suo ultimo terminale il contrabbandiere di sigarette. Il meccanismo è lo stesso: pagare alla camorra per poter vendere. L’avidità dei boss finisce con il creare situazioni di conflitto tra le organizzazioni camorristiche sulla gestione della vendita dei gadget. Questo ha portato a una guerra senza esclusione di colpi, come accaduto a Pianura con l’agguato ai danni di un giovane ras degli Esposito-Marsicano, deceduto in ospedale a causa delle gravità delle ferite riportate. Le forze dell’ordine hanno eseguito numerosi sequestri negli ultimi mesi e indicano che la maggior parte delle organizzazioni camorristiche stanno investendo tempo e denaro in questo affare.

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