La criminalità minorile sta seguendo dinamiche sempre più ipersoniche e difficili da intercettare. L’ufficio di Procura per i minori diretto da Maria de Luzenberger è sempre molto attento a questo fenomeno e negli ultimi anni ha dato un impulso importante non solo sul versante della repressione. Recentemente, nella biblioteca di Castelcapuano, è stata presentata una ricerca curata da due docenti, Giacomo Di Gennaro e Maria Luisa Iavarone, confluita nella pubblicazione del libro “Ragazzi che sparano: viaggio nella devianza grave minorile” edito da Franco Angeli. Durante la presentazione, la procuratrice de Luzenberger ha rivelato alcune esperienze raccolte nel corso di recenti indagini a carico di giovanissimi, alcuni dei quali coinvolti anche in reati gravi come l’associazione mafiosa.
La casistica è piena di esempi inquietanti, come la frase scritta con la vernice spray su un muro nel rione Conocal di Ponticelli: “Quando moriremo andremo in paradiso, perché l’inferno lo abbiamo già conosciuto qui”. Dietro le personalità dei ragazzi che delinquono c’è una costruzione criminale che supera persino i modelli di certe fiction. Dall’esame di tanti cellulari sequestrati ai ragazzi che hanno problemi con la giustizia emergono files terrificanti, molti dei quali contengono video di una violenza efferata, a cominciare dalle esecuzioni sommarie dei combattenti dell’Isis, a cominciare dagli sgozzamenti e dalle esecuzioni sommarie.
La camorra napoletana non riesce più a gestire la microcriminalità minorile, contrariamente a quello che succede in Calabria con la ‘ndrangheta e per molti versi anche Cosa Nostra in Sicilia, dove le cosche impongono il loro diktat vietando la commissione dei così detti “reati predatori”. Le gang di giovanissimi costituiscono l’espressione di una latitanza degli esponenti di vertice dei clan camorristici, capaci di assicurare la presenza e il controllo rappresentativo sul territorio, e di impedire la loro “legge”.
Il libro di Iavarone e Di Gennaro si impreziosisce della prefazione firmata dall’ex prefetto di Napoli, Marco Valentini. Uno degli aspetti più interessanti della ricerca riguarda le cifre del fenomeno della devianza. Nell’arco temporale che va dal 2004 al 2021 è Napoli la città metropolitana del Sud con il più alto numero di minorenni denunciati o arrestati per reato associativi di tipo mafioso. Nel 2021 sempre a Napoli i minori denunciati sono stati 801; 139 i procedimenti per armi da fuoco a carico di minorenni tra il 2016 e il 2018, 192 le richieste di rinvio a giudizio. Delineata, infine, anche la mappa dei quartieri più a rischio devianza minorile: in testa c’è l’area orientale con Ponticelli, Barra, San Giovanni (40 indagati), seguita dal centro storico, con Montecalvario, San Lorenzo, Vicaria e Poggioreale (24 indagati).