Francesco Del Vecchio è stato liberato dopo essere stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Napoli su richiesta della Dda di Napoli. Insieme al fratello Carlo Del Vecchio, già detenuto in regime di 41 bis a Catania, ed al cugino Pasquale Diana, era stato ritenuto responsabile di concorso in detenzione di armi da guerra, clandestine e comuni da sparo, complete di svariati accessori e di munizioni di diverso calibro, della ricettazione di alcune di esse con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi.
La Dodicesima Sezione del Riesame del Tribunale di Napoli ha accolto l’istanza dei difensori di Francesco Del Vecchio, gli avvocati Ferdinando Letizia e Giuseppe Stellato, che hanno fatto emergere la discordanza rese dalle dichiarazioni dei cugini in merito al fatto che fosse stato Francesco Del Vecchio a seppellire nel loro fondo le armi del fratello Carlo. Elemento chiave sono state le dichiarazioni di Pasquale Diana anche egli indagato che ha puntato il dito contro il cugino Carlo ammettendo che ad occuparsi dell’occultamento dell’arsenale fosse stato il cugino Carlo e non Francesco e l’ex affiliato Massimo Vitolo ora collaboratore di giustizia.
Gli uomini della Squadra Mobile delle Questura di Caserta reperirono nell’azienda zootecnica di Pasquale Diana, gestita coi fratelli Leopoldo, Carlo ed Antonio, sita in via Macedonio località Seponi a confine tra i comuni di Castel Volturno e Cancello ed Arnone, in prossimità di un pozzo artesiano, dei bidoni di ferro sotterrati contenenti armi da guerra e svariate munizioni. Sotterrate nei fusti sotto oltre due metri di terra i poliziotti rinvennero una granata per fucile M60 di fabbricazione ex Jugoslavia che, per la relativa pericolosità, veniva fatta brillare direttamente sul posto da operatori del Nucleo Artificieri della Polizia di Stato. C’erano poi due fucili mitragliatori kalashnikov, un fucile mitragliatore “Sites” mod. Ranger, tre pistole mitragliatrici UZI, un’ulteriore pistola mitragliatrice non meglio identificata, un fucile “a pompa”, due fucili cal. 12 con matricole abrase, un fucile Carabina di precisione comprensiva di gruppo ottico, una pistola calibro 9×21 con matricola abrasa nonché un silenziatore per arma da fuoco, svariati caricatori e quasi trecento munizioni di diversi calibri.
La varietà e il numero di armi (anche da guerra) rinvenute permisero di ipotizzare che l’arsenale fosse riconducibile al clan dei casalesi. Del resto a tale considerazione gli inquirenti giunsero giacché i titolari del fondo erano i congiunti della famiglia Del Vecchio, imparentati a loro volta con il noto Francesco Schiavone detto “Cicciariello”. Lo sviluppo investigativo della vicenda realizzato mediante intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché con escussioni di persone informate sui fatti e interrogatori, anche di collaboratori di giustizia, permise di ricondurre la titolarità delle armi al clan dei casalesi, in particolare al gruppo di Francesco Schiavone ‘Cicciariello’, e di definire le specifiche responsabilità in capo agli indagati sia nell’occultamento delle stesse e che nella loro conservazione. I giudici del Tribunale delle Libertà hanno però disposto l’immediata scarcerazione di Francesco Del Vecchio annullando la misura cautelare della custodia in carcere che lo vedeva destinatario.