Alla morte di un figlio non si può mai rassegnarsi, e ancor meno abituarsi. Se poi al dolore lancinante si aggiunge anche il fatto che la giustizia è lenta, allora lo sconforto diventa totale. Questi sono i sentimenti di amarezza, delusione e rabbia che provano il papà e la mamma di Salvatore Giordano, il 14enne di Marano ucciso da un pezzo di marmo caduto da uno dei frontoni della Galleria Umberto I, nove anni fa. Non a caso il cinque luglio, data in cui si è verificata la tragedia, è il giorno del ricordo e della preghiera, ma anche del dolore per non avere ancora ottenuto giustizia. Dire amarezza è poco. “Ci sentiamo profondamente turbati – affermano i genitori, Umberto e Margherita Giordano – All’immensa sofferenza per la perdita di nostro figlio, che nessuno ci potrà restituire, si aggiunge l’amarezza di una giustizia che sembra sempre più lontana”. Ieri si è celebrato l’anniversario della tragedia. Era il pomeriggio del cinque luglio quando un grosso frammento di un fregio della Galleria Umberto si è staccato, colpendo il ragazzo alla testa. La sua morte è arrivata alcuni giorni dopo, il 9 luglio, al Loreto Mare. “Sono passati nove anni nell’indifferenza totale dell’amministrazione comunale precedente e di quella attuale”, dicono il papà e la mamma, esprimendo il loro sfogo all’agenzia Ansa. Umberto e Margherita. “Chiediamo disperatamente, con tutto il nostro cuore, che giustizia sia fatta per nostro figlio, a cui è stato negato, per negligenza, il diritto di crescere e vivere la sua vita”. Assistita dall’avvocato napoletano Sergio Pisani, il 19 settembre 2022 la famiglia ha ottenuto dal giudice monocratico di Napoli Barbara Mendia la condanna di cinque imputati (tra cui alcuni dipendenti comunali) e un’assoluzione. Lo scorso giugno, sempre a Napoli, si è temuto il peggio: questa volta il crollo si è verificato nei pressi della Galleria Principe, fortunatamente senza vittime. Anche l’avvocato Pisani interviene sul caso: “A nove anni di distanza, nessuno si è ancora fatto avanti per risarcire la famiglia, lasciando aperta una ferita che sembra non interessare a nessuno”. Pisani ricorda che “è evidente la responsabilità, anche del Comune di Napoli, che avrebbe potuto evitare questa tragedia semplicemente chiudendo il marciapiede sottostante, come era stato richiesto ufficialmente e come era doveroso considerando i numerosi distacchi che avevano preceduto quello che ha colpito Salvatore. Nonostante le condanne ottenute in sede penale, la famiglia dovrà affrontare anche un lungo processo civile. È davvero incredibile che nessuno si assuma la responsabilità di questa grave vicenda”. Davanti al dolore di chi ha perso un figlio, c’è poco altro da dire. Ma forse bisogna sottolineare un’altra cosa: puntualmente, ad ogni occasione, ad ogni tragedia simile a quella del povero Salvatore, si assiste alla promessa di maggiore prevenzione, affinché “non accada mai più”. E invece, purtroppo, a Napoli continuano ad accadere disastri simili. Alberi che cadono, pali della luce fragili che si abbassano come cartapesta, senza parlare dell’altra tragedia in via Duomo, dove un commerciante – Rosario Padolino – è stato investito dal crollo di un cornicione, perdendo la vita. Quante altre tragedie devono ancora accadere?

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