La sentenza pronunciata a Napoli per un omicidio stradale riaccende la polemica sulla sicurezza sulle nostre strade. P.C., responsabile dell’omicidio di Mustafha Zibra, è stato condannato a tre anni e otto mesi di reclusione, con una sospensione della patente di quattro anni. La condanna appare irrisoria, considerando la gravità del delitto e le conseguenze per le vittime e le loro famiglie.
I fatti risalgono a dicembre del 2021, quando Mustafha Zibra e il suo collega di lavoro Vittorio Lospennato furono investiti da una Ford Fiesta che correva a velocità sostenuta lungo via Montagna Spaccata, a Pianura. I due ciclisti furono tamponati senza che l’autista tentasse di frenare. Dopo l’impatto, Mustafha Zibra fu sbalzato indietro e finì sul cofano e sul parabrezza dell’auto. Invece di fermarsi e soccorrere le vittime, l’autista della Fiesta decise di accelerare e trascinò ancora per qualche metro la bicicletta che era sul manto stradale.
Il giudice Enrico Campoli ha emesso la condanna a tre anni e otto mesi per omicidio e omissione di soccorso. Tuttavia, considerando la pena ridotta per il rito abbreviato e la sospensione della patente limitata a quattro anni, è evidente che l’uomo potrà tornare a guidare e circolare liberamente tra pochi anni.
Questa storia si conclude con una condanna che appare irrisoria, soprattutto se confrontata con l’emergenza degli incidenti stradali. Recentemente, si è parlato molto della morte di un bambino di cinque anni travolto da una Lamborghini guidata dalla madre in una challenge organizzata da youtuber. Questi fatti hanno spinto il ministro delle infrastrutture Salvini a lavorare su leggi più severe per inasprire le condanne penali e revocare a vita la patente di guida.
Tuttavia, nel caso dell’omicidio di Mustafha, l’autista era formalmente al lavoro ma ha deciso di utilizzare un’auto parcheggiata in un garage per svolgere una commissione. Non ha visto la bicicletta con le due vittime e, dopo l’incidente, ha cercato di cancellare i segni di ammaccature sull’auto presa in prestito. Le indagini condotte dalla polizia municipale hanno rivelato anche il tentativo di cancellare le prove del crimine da parte dell’autista.
Questa sentenza appare ancora più ingiusta considerando che qualche mese dopo, la sorella di Mustafha, Elvira Zibra, è stata uccisa in circostanze simili sul lungomare di Napoli. Un motociclista che viaggiava a oltre cento chilometri all’ora l’ha speronata e uccisa. Si attendono sviluppi su questo caso.
La madre delle due vittime ha costituito parte civile e ha ottenuto un risarcimento del danno di 4800 euro, oltre alle spese processuali. Tuttavia, dal 2028, l’autista responsabile dell’omicidio riavrà la sua patente di guida.
È evidente che questa sentenza non è sufficiente a garantire giustizia per le vittime e le loro famiglie. È necessario che le leggi sulle condanne per i delitti stradali siano riviste e inasprite, per assicurare una maggiore sicurezza sulle nostre strade. Non possiamo permettere che gli autori di crimini stradali gravi possano tornare a guidare liberamente dopo pochi anni. La vita delle persone deve essere protetta e rispettata, e ciò richiede una risposta giudiziaria adeguata.