Dopo un lungo iter giudiziario durato 28 anni, la Corte d’Appello di Napoli ha stabilito che non vi è stata colpa medica da parte del personale sanitario dell’ospedale “Rummo” nella morte per emorragia cerebrale di una giovane donna di 33 anni proveniente da Benevento. Gli eredi della vittima dovranno quindi restituire un milione di euro all’azienda ospedaliera. Si tratta di una vicenda triste che ha avuto inizio nella notte tra il 21 e il 22 luglio 1995, quando la donna si presenta al Pronto Soccorso del “Rummo” con un forte mal di testa. Dopo alcuni trattamenti, viene dimessa, ma poche ore dopo fa ritorno in struttura dove le viene diagnosticata un’emorragia cerebrale. Purtroppo, nonostante il trasporto in ambulanza all’ospedale di San Giovanni Rotondo, la donna muore poche ore dopo. A questo punto, i familiari (marito e 4 figli) citano in giudizio l’azienda ospedaliera, sostenendo che il ritardo nell’intervento abbia avuto un impatto determinante sull’evoluzione clinica. Nel 2002, il Tribunale di Benevento respinge la richiesta, basandosi sulle conclusioni di una consulenza medico-legale. Nel 2009, però, la Corte d’Appello di Napoli ribalta la sentenza, condannando i medici dell’ospedale per non aver impedito alla donna di allontanarsi senza aver effettuato gli esami strumentali idonei a prevenire l’ictus che si è verificato poco dopo. Vengono inoltre liquidate delle somme agli eredi. Tuttavia, si susseguono due ulteriori ricorsi in Cassazione e un altro in Corte d’Appello. Alla fine, i giudici di secondo grado chiedono di ricostruire le condizioni della paziente al momento del primo ricovero e di verificare se la Tac eseguita in precedenza avrebbe potuto non solo evitare l’evento, ma anche eliminare o ridurre gli effetti dannosi. La sentenza della Corte d’Appello fa luce su questi due aspetti: la diagnosi di “cefalea vasomotoria” formulata al momento del primo accesso deve essere considerata corretta, poiché la consulenza neurologica della paziente, che era cosciente e lucida, non ha evidenziato segni o sintomi meningei. Da ciò si deduce che l’emorragia non era già in corso al momento del primo accesso al Pronto Soccorso e quindi non sarebbe emerso nulla dalla Tac. Pertanto, non emerge alcuna colpa nel comportamento del personale sanitario del “Rummo” e gli eredi della giovane donna deceduta dovranno restituire l’importo precedentemente versato dall’azienda ospedaliera a titolo di risarcimento e spese legali, oltre agli interessi: in totale un milione di euro.

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