L’anima di Daniele Sannino è turbata dall’idea che dietro la morte di suo fratello Davide ci sia una verità che qualcuno non vuole far emergere. Sono passati 27 anni dall’omicidio avvenuto a Massa di Somma durante una rapina il 19 luglio 1996 e la sentenza non è ancora stata notificata a causa di una serie di errori. Questo è un paradosso per la famiglia della vittima, che continua a invocare giustizia.

Il processo penale si è concluso nel 1999 con la condanna a 30 anni per l’esecutore materiale dell’omicidio. Il processo civile invece si è concluso nel 2015 con una sentenza che prevede un risarcimento di 500mila euro per i familiari, ma questa sentenza non è mai stata eseguita e rischia di andare in prescrizione nel 2025. Il motivo? La sentenza non è stata notificata alle parti perché contiene errori nelle date di nascita dei complici e negli indirizzi dei loro legali, uno dei quali non risulta nemmeno nell’albo del Foro competente (Nola). Inoltre, nella sentenza non viene menzionato il fatto che Daniele aveva la procura per rappresentare la sua famiglia al processo come parte civile.

Daniele ricorda il momento in cui ha ricevuto la telefonata che gli comunicava che suo fratello non stava bene a causa di un proiettile. In quel momento, la sua vita cambiò completamente. Aveva solo 22 anni quando Davide morì. In una foto che li ritrae insieme nel giorno del suo diciottesimo compleanno, Davide appare felice, amato da familiari e amici. Quella sera, Davide fu colpito da una banda di rapinatori che rubò loro soldi e scooter. A differenza degli altri, a Davide furono trovati addosso il portafoglio e altri oggetti personali. Ancora più strano è il fatto che sul suo corpo erano presenti numerose ecchimosi, segno di una probabile colluttazione. Daniele, che oggi ha 49 anni, porta avanti una battaglia per scoprire la verità su quello che è successo a suo fratello. Una verità che la famiglia Sannino attende da 27 anni, quando Davide, che aveva appena terminato gli studi per diventare odontotecnico, maestro di solfeggio e carabiniere, sognava il suo futuro.

La morte di Davide è una vicenda contorta e avvolta da poche luci e molte ombre, fatta di minacce, intimidazioni e pressioni ai familiari. Qualche anno dopo l’accaduto, qualcuno voleva liquidarli con una somma di denaro. Dopo un lungo e complesso iter giudiziario, nel 1999 è stata emessa una sentenza penale che ha condannato a 30 anni di carcere l’autore degli spari, Giorgio Reggio, e a 14 anni gli altri tre complici. Nel 2015 si è concluso anche il processo civile, ma tra un paio di anni andrà in prescrizione se la sentenza non verrà notificata alle parti. I parenti della vittima hanno chiesto invano ai loro legali di notificare la sentenza.

Dopo aver revocato il mandato ai vecchi legali, Daniele si è rivolto a Sergio Simpatico e ha scoperto una serie di errori nella sentenza, come le date di nascita errate dei condannati, il nome errato del legale di uno di loro e l’assenza totale di Daniele che possiede la procura notarile della famiglia. Dopo vari tentativi di fare chiarezza presso il Comune di Massa di Somma, Daniele si è recato al Tribunale di Nola per ottenere una copia dello storico del fascicolo. Ci sono troppi misteri e incongruenze, si chiede quale sia il motivo di tutto ciò. Cosa si vuole tenere nascosto? Forse dietro la morte di suo fratello c’è qualcosa di più grande? Se necessario, Daniele chiederà di rifare il processo civile. Non vogliono soldi, ma vogliono che la legge sia rispettata. L’idea che la sentenza possa andare in prescrizione lo fa rabbrividire. Significherebbe che in questi 27 anni hanno lottato invano per Davide.

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