L’Italia è stata condannata a pagare quasi 5 milioni di euro agli istituti diocesani per il sostentamento del clero di Capua e Caserta. La Corte europea dei diritti umani ha deciso che lo Stato dovrà versare agli istituti la giusta somma come compensazione per i terreni espropriati all’inizio degli anni 2000.
I due enti ecclesiastici, che permettono ai sacerdoti della diocesi di vivere in modo dignitoso, hanno presentato ricorso alla Corte di Strasburgo tra il 2007 e il 2011. Hanno sostenuto che lo Stato ha violato il loro diritto alla proprietà privata perché l’indennizzo per l’esproprio è stato calcolato secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 359/1992, che ha portato a pagamenti molto inferiori al valore di mercato.
Inoltre, sostengono che l’importo ricevuto è stato ridotto del 20% a causa delle imposte. Dopo molti anni, la Corte europea dei diritti umani ha dato loro ragione e ha stabilito che lo Stato dovrà versare quasi 4,7 milioni di euro. I giudici di Strasburgo hanno basato la loro decisione su due punti specifici.
Da un lato, hanno evidenziato che non c’è alcun obiettivo legittimo di interesse pubblico che giustifichi il pagamento di un indennizzo inferiore al valore di mercato. Hanno sottolineato che le espropriazioni in questione non sono state effettuate nell’ambito di una riforma economica, sociale o politica, né sono legate a circostanze specifiche. In secondo luogo, i giudici hanno affermato che l’articolo 5 bis della legge n. 359/1992 offre un indennizzo inadeguato e impone agli espropriati un onere sproporzionato ed eccessivo.
Questa sentenza della Corte europea dei diritti umani è un importante riconoscimento per gli istituti diocesani di Capua e Caserta, che hanno lottato per ottenere un giusto risarcimento per i terreni espropriati. Rappresenta anche un richiamo per lo Stato italiano affinché valuti attentamente l’indennizzo offerto in casi simili, garantendo che sia adeguato al valore di mercato e rispetti i diritti di proprietà privata dei cittadini.