Reperti antichi e monete trafugate durante gli scavi clandestini dai cosiddetti tombaroli, soprattutto nell’area casertana dell’Antica Cales, ovvero Calvi Risorta zona ricca di memorie archeologiche come il Teatro Romano sarebbero arrivati fino in Svizzera grazie a un trafficante e venduti “sottobanco” al titolare di una casa d’asta elvetica. Il cittadino svizzero risulta tra i 22 indagati di un’operazione dei carabinieri del Nucleo tutela Patrimonio Culturale di Napoli, agli ordini del capitano Massimiliano Croce, eseguita nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore capo Pierpaolo Bruni.

L’indagine, durata quasi un anno, si è sviluppata tra i siti storici del Casertano, spesso teatro di saccheggi come Capua, Santa Maria Capua Vetere, Teano, Calvi Risorta, Mondragone e in altre due regioni oltre la Campania, la Puglia e la Basilicata. L’inchiesta della quarta sezione dell’ufficio inquirente sammaritano, coordinata dal Procuratore aggiunto Antonio D’Amato, porta le firme dei sostituti Armando Bosso e Giacomo Urbano i quali, insieme al pm Iolanda Gaudino si occuparono anche dell’indagine che a settembre dello scorso anno portò all’arresto dell’allora sovrintendente per le province di Caserta e Benevento, Mario Pagano.

Quest’ultimo peraltro è stato rinviato a giudizio e attualmente è sotto processo a piede libero davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. L’indagine ha fermato un commercio clandestino di reperti storici individuato sull’asse Italia-Svizzera tant’è che per capire anche il grado di coinvolgimento dell’esperto d’arte svizzero, è stata avviata una rogatoria inviata ai magistrati elvetici dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. I carabinieri hanno sequestrato migliaia di reperti archeologici nel corso di 22 perquisizioni.

I reperti sequestrati, risalenti a un periodo compreso tra l’VIII secolo a.C. e il II d.C., avrebbero generato un giro di affari nel mercato illegale di circa tre milioni di euro. Sono stati sequestrati 95 vasi antichi ritenuti di inestimabile valore, 20 reperti in marmo e trecento in bronzo e vetro, 1700 monete databili dal VI secolo a.C. all’VIII d.C., ognuna delle quale avrebbe fruttato tra i 70 e gli 80mila euro. Sequestrati anche 15 metal detector che i tombaroli usano per gli scavi clandestini. Nell’ambito della stessa indagine, nei mesi scorsi i carabinieri arrestarono due persone che erano intente ad effettuare scavi clandestini in una necropoli e una terza persona, un trafficante, al confine con la Svizzera pronto ad esportare monete antiche.

Un’indagine che contrasta anche le continue minacce alle tradizioni storiche delle zone archeologiche da parte di tombaroli, armati di spilloni (sonde di ferro artigianali per penetrare nel terreno), ricettatori o mediatori senza scrupoli finiti nel registro degli indagati. «Questa indagine – spiega il procuratore aggiunto Antonio D’Amato – è molto importante perché permette di ricostituire un patrimonio artistico spesso abbandonato e dunque alla mercé di malviventi e trafficanti, ma anche e soprattutto di salvaguardare la memoria di un territorio come quello casertano, dove sono tanti i siti archeologici ed artistici».

Alcuni anni fa, furono recuperati decine di reperti in casa anche di cosiddetti collezionisti e appassionati, trafugati anche dal museo di Teano. Sempre su impulso della Procura sammaritana, sono tornate al Museo Archeologico dell’Antica Capua a Santa Maria Capua Vetere due sculture in marmo raffiguranti l’imperatore Settimio Severo, del III Sec. d.C. e la divinità Dioniso del II Sec. d.C. Oggetti tornati nella loro sede dopo due anni dall’esecuzione di una perquisizione eseguita nel giugno del 2020 negli uffici della prestigiosa casa d’aste newyorkese «Christie’s».

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