I parcheggiatori licenziati dalla società “Amalfi Mobilità” hanno visto respinto il loro ricorso da parte del Tribunale di Salerno, sezione del Lavoro. Inoltre, sono stati condannati a rimborsare le spese processuali. La sentenza di primo grado, emessa il 19 luglio 2023 dal Giudice Caterina Petrosino, ha confermato il licenziamento dei parcheggiatori, ribadendo i contenuti dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria del giudizio, emessa il 7 giugno 2022. Con tale ordinanza era stata già respinta l’impugnazione al licenziamento disposto dalla società, che è interamente partecipata dal Comune di Amalfi e guidata dall’Amministratore Unico Antonio Vuolo, difeso nell’udienza dall’avvocato Lucio Stile.

La sentenza del Tribunale di Salerno (sezione Lavoro) ha respinto tutti i motivi di impugnazione sollevati dai parcheggiatori, tra cui l’assenza dei fatti contestati, la genericità della contestazione disciplinare e l’inutilizzabilità delle immagini e delle riprese video. Sulla questione delle immagini, la sentenza ha chiarito che la società ha correttamente utilizzato come base delle contestazioni “gli esiti delle indagini penali e, quindi, l’esercizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio dei ricorrenti, per fatti avvenuti durante l’orario di lavoro, sul luogo di lavoro e nell’esercizio delle loro mansioni. La società ha richiamato, quindi, gli elementi raccolti dalla Procura della Repubblica di Salerno, anche alla luce delle dettagliate indagini condotte dalla polizia giudiziaria, dalle quali è emerso che i ricorrenti, più volte, presso il parcheggio “Berma Portuale”, approfittando della loro posizione di dipendenti dell’azienda, si sarebbero appropriati di somme corrisposte come tariffa per il parcheggio dei veicoli da parte di diversi utenti”.

Secondo il giudice, le condotte dei parcheggiatori sono state “caratterizzate da un’intensa intenzionalità speculativa e fraudolenta e poste deliberatamente in essere ai danni della società datrice di lavoro, che è interamente partecipata dal settore pubblico”, e “non possono che aver legittimamente fatto venir meno la fiducia della società nel futuro corretto adempimento del lavoro da parte dei ricorrenti, con conseguente impossibilità di continuare il rapporto di lavoro”.

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