NAPOLI. Bo Guerreschi (nella foto), economista internazionale, presidente della Ong “Bon’t worry”, si oppone alle sentenze di alcuni giudici. La Guerreschi critica la questione giuridica che coinvolge la giovane donna vittima dello stupro di Primavalle, punita e umiliata per l’intervista rilasciata. La Guerreschi punta il dito contro la sezione penale romana, che, secondo la onlus, non si occupa della violenza di genere con le dovute precauzioni: “A causa della mancanza di protezione e misure cautelari, le donne vengono messe alla gogna e tutto questo deve finire immediatamente”.

Iniziamo dal principio: di cosa si occupa la Ong “Bon’t worry”?
“La nostra Ong si impegna a fornire aiuti concreti alle donne e ai bambini che non possono o non riescono a difendersi, mettendo a disposizione professionisti competenti come avvocati, medici, psichiatri, psicologi e forze dell’ordine. Oltre a ciò, da tempo ci battiamo per difendere i diritti dei detenuti e denunciare le violazioni, dando voce a chi, in carcere, rimane inascoltato”.

Chi si rivolge a voi?
“Riceviamo molte richieste di aiuto da donne di tutte le età e classi sociali, dai 13 ai 90 anni. Tra di loro ci sono casalinghe, dirigenti e persino magistrati. Paradossalmente, più si sale nella scala sociale, più è difficile trovare donne che abbiano il coraggio di denunciare il marito, il compagno o l’uomo che le maltratta”.

Riguardo allo stupro di Primavalle, avete chiesto l’intervento del ministro della Giustizia Nordio: perché sostenete che il collegio ha punito la vostra assistita?
“Abbiamo chiesto al Tribunale di ascoltare la ragazza in un’aula chiamata Aurora, dove le era garantita protezione e dove poteva essere interrogata senza la presenza dell’imputato e dei giudici. Ma non è andata così”.

Perché? Cosa è successo?
“La difesa dell’imputato Patrizio Ranieri ha mostrato l’intervista fatta dalla vittima a “Repubblica”, e così la presidente ha revocato la Sala Aurora, interrogando la ragazza per cinque ore in un’aula a pochi metri dal suo aguzzino. È inaccettabile, ora spero che intervengano le persone competenti”.

Cosa sta accadendo, perché proprio le donne coinvolte in questi casi sembrano mostrarsi meno empatiche e sensibili in una situazione così chiaramente ingiusta?
“Mi sono posta questa domanda molte volte, purtroppo senza trovare una risposta. È vero, molte volte sono proprio le donne ad essere ingiuste in determinate situazioni”.

Questo caso di Primavalle non è isolato: com’è la situazione negli altri tribunali?
“Purtroppo ci sono precedenti: le ultime sentenze sono preoccupanti, sembra di essere tornati indietro di decenni. La sezione romana che si occupa di questi casi è composta da giudici donne che negli ultimi tempi hanno emesso sentenze molto discusse. Parliamo delle giudici che si sono occupate del caso della “palpata breve”, della dipendente definita complessata perché aveva denunciato un direttore di museo “goliardico” e dei casi di tentato femminicidio con colpi non penetranti fino agli organi vitali. Stiamo valutando se mantenere la segretezza del procedimento o, con grande coraggio da parte della vittima, far sì che si svolga a porte aperte. Questo permetterebbe a tutti di ascoltare le parole reali di chi partecipa e dare un resoconto fedele di ciò che accade in aula”.

E negli altri tribunali?
“Devo dire che le cose vanno molto meglio a Napoli e Milano, dove troviamo interlocutori ragionevoli e sentenze dignitose. Devo ringraziare anche le forze dell’ordine che sono sempre vicine a noi, sia nelle azioni pubbliche che private”.

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