In carcere le condizioni di Simone peggiorano – ha riferito don Franco Esposito, della Pastorale.
Napoli. Non il carcere ma le cure. E’ quanto chiedono diverse associazioni alle istituzioni per Simone Isaia, il clochard accusato di aver incendiato lo scorso 12 luglio la Venere degli stracci sistemata in piazza Municipio a Napoli. Oggi le associazioni e il mondo della Chiesa si sono ritrovati davanti a ciò che resta dell’opera contemporanea, realizzata dal maestro Michelangelo Pistoletto, per ribadire la necessità che il giovane lasci il carcere di Poggioreale, dove divide la cella con altre sette persone, e venga affidato a strutture adeguate a curare il suo disagio mentale. A supportare la richiesta anche una petizione che ha raggiunto oltre 5mila firme e 450 commenti.
A promuovere la manifestazione di oggi sono state Iod edizioni, Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli, associazione Liberi di volare, Chiesa evangelica libera di Casalnuovo, United Colors of Naples, Tribunale 138. Hanno aderito Garante dei detenuti del Comune di Napoli e il Garante dei detenuti della Campania. Diversi i cartelli esposti tra cui: ‘Umanizzare le carceri’, ‘Si esce dal carcere ma non dalla condanna’, ‘Liberiamo la speranza’.
“In carcere le condizioni di Simone peggiorano – ha riferito don Franco Esposito, della Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli – Simone è l’esempio di come il carcere abbia fallito la sua missione di rieducazione e reinserimento. Il carcere è diventato una discarica sociale, è il ricettacolo di tutto quello che la società produce e al suo interno si vive una situazione davvero drammatica soprattutto ultimamente”. Nelle scorse settimane sia la Chiesa di Napoli che quella di Salerno hanno offerto la propria disponibilità ad accogliere il giovane clochard in proprie Case di accoglienza dove il 32enne potrebbe trovare un aiuto e cure per il proprio disagio mentale e sociale. “Quanto accaduto è grave – ha aggiunto Pasquale Testa, di Iod Edizioni – ma non possiamo dimenticare la persona che c’è dietro al dramma, la sua condizione di vita, di povertà, di disagio mentale”. “Il carcere contiene il 75% di persone non legate alla criminalità come viene concepita dall’opinione pubblica. La stragrande maggioranza di queste persone (e Simone Isaia è una di queste) patiscono la pena perche vittime a loro volta di un degrado sociale (economico, sociale, familiare…). Il carcere così come è concepito non può essere la soluzione. Anzi, la acuisce!”, ha sottolineato don Enzo Miranda, responsabile della Pastorale carceraria della Diocesi di Nola. Secondo i numeri forniti, a Napoli ci sono ben 2mila persone, soprattutto giovani, che vivono per strada, senza dimora, senza avere da mangiare, senza i bisogni primari. L’incendio che ha bruciato del tutto l’opera di Pistoletto divampò nelle prime ore del mattino del 12 luglio e nelle ore successive, dalla revisione delle telecamere presenti nella zona, le forze dell’ordine individuarono Simone Isaia come l’autore dell’incendio. Nei giorni scorsi il Tribunale del Riesame si è espresso a che il giovane resti in carcere, respingendo così l’istanza che era stata presentata. Per quanto riguarda l’opera, il maestro Pistoletto dovrebbe realizzarne un’altra che, dopo un periodo di permanenza in piazza Municipio, dovrebbe trovare una sede alternativa permanente, come annunciato nel corso di un Consiglio comunale, dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. Per contribuire alla realizzazione, L’Altra Napoli onlus ha avviato una raccolta fondi. (ANSA). YKN-TOR 2023-08-12 16:04 S44 QBXO CRO
Le condizioni di Simone, detenuto nel carcere di Poggioreale, si stanno aggravando. Questo è quanto ha riferito don Franco Esposito, della Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli. Simone Isaia è il clochard accusato di aver incendiato la Venere degli stracci, opera dell’artista Michelangelo Pistoletto, nella piazza Municipio di Napoli lo scorso 12 luglio. Oggi diverse associazioni e il mondo della Chiesa si sono riuniti davanti ai resti dell’opera per chiedere che il giovane venga trasferito in strutture adeguate per curare il suo disagio mentale invece di rimanere in carcere. Una petizione a sostegno di questa richiesta ha raccolto oltre 5mila firme e 450 commenti.
La manifestazione di oggi è stata promossa da Iod edizioni, la Pastorale carceraria della Chiesa di Napoli, l’associazione Liberi di volare, la Chiesa evangelica libera di Casalnuovo, United Colors of Naples e il Tribunale 138. Hanno aderito anche il Garante dei detenuti del Comune di Napoli e il Garante dei detenuti della Campania. Tra i cartelli esposti si leggevano frasi come ‘Umanizzare le carceri’, ‘Si esce dal carcere ma non dalla condanna’, ‘Liberiamo la speranza’.
Don Franco Esposito ha sottolineato come le condizioni di Simone stiano peggiorando all’interno del carcere e come il sistema penitenziario abbia fallito nel suo compito di rieducazione e reinserimento. Secondo Pasquale Testa di Iod Edizioni, è importante non dimenticare la persona dietro a questo dramma e la sua situazione di povertà e disagio mentale. Don Enzo Miranda, responsabile della Pastorale carceraria della Diocesi di Nola, ha evidenziato che il carcere non può essere la soluzione, ma anzi acuisce il problema. Secondo i dati forniti, a Napoli ci sono circa 2mila persone, soprattutto giovani, che vivono per strada senza avere accesso ai bisogni primari.
L’incendio che ha distrutto l’opera di Pistoletto è avvenuto la mattina del 12 luglio e Simone Isaia è stato identificato come l’autore dalle telecamere presenti nella zona. Nonostante le offerte di accoglienza da parte delle Chiese di Napoli e Salerno, il Tribunale del Riesame ha deciso che il giovane dovrà rimanere in carcere. Per quanto riguarda l’opera, il maestro Pistoletto dovrebbe realizzarne una nuova che, dopo un periodo di esposizione in piazza Municipio, troverà una sede permanente alternativa. L’associazione L’Altra Napoli onlus ha avviato una raccolta fondi per contribuire alla realizzazione di questa nuova opera.