Dopo l’incubo che mia moglie Cecilia ha vissuto, passando in poche ore dalla tranquillità della nostra casa alla sala operatoria, sento il bisogno sincero di ringraziare, insieme a Cecilia e alle nostre figlie, coloro che, con professionalità e competenza, hanno permesso che questa esperienza avesse un esito positivo.

Ringraziamo quindi tutti coloro che si sono presi cura di Cecilia, dal momento in cui è salita sull’ambulanza del 118 fino al giorno delle sue dimissioni: il dottor Matteo De Notaris, il neurochirurgo che ha eseguito l’intervento insieme alle colleghe Valeria Corriero e Marina Minichiello; il dottor Giovanni Boniello, anestesista; il primario del Reparto di Neurochirurgia, dottor Giovanni Parbonetti, che nonostante fosse in ferie ha seguito da lontano l’intervento e il post operatorio; gli operatori del Pronto Soccorso rappresentati dal Primario dott. Rodolfo Nasti.

Desideriamo inoltre ringraziare il personale infermieristico del reparto, guidato dalla Caposala Concetta Di Biase, per la professionalità, la gentilezza e l’umanità con cui assistono i pazienti durante la degenza.

Infine, siamo commossi nel ringraziare tutti coloro che ci hanno dimostrato il loro affetto, con preghiere, telefonate e messaggi.

E, infine, ma non per ultimo, un sincero ringraziamento al dottor Angelo Forgione e agli operatori del 118 per la tempestività, la professionalità e la competenza.

Ho citato per ultimo il dottor Forgione, anche se è stato il primo ad intervenire, per sottolineare l’importanza della presenza del medico sull’ambulanza. Non è corretto privare il primo soccorso della figura essenziale del medico. È lui, infatti, che possiede le competenze necessarie per valutare le condizioni del paziente e avviare sin da subito il processo terapeutico che verrà poi completato.

È probabile che se, per caso o per sfortuna, sull’ambulanza che ha prelevato Cecilia non ci fosse stato il medico, e se al San Pio non avessimo trovato medici così competenti, le cose sarebbero andate diversamente e mia moglie sarebbe rimasta paralizzata per il resto della sua vita.

Non possiamo affidarci al caso o alla fortuna: le Istituzioni non possono e non devono permettere che i pazienti si sentano fortunati se su un’ambulanza c’è il medico o se un reparto funziona bene.

Una “buona sanità” deve essere accessibile a tutti, soprattutto quando esistono, come in questo caso, delle eccellenti professionalità che devono essere messe nelle condizioni di esprimere appieno il loro potenziale.

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