La violenza è un tema molto presente nella società odierna, sia a livello fisico che psicologico. Durante la mia vita ho avuto modo di vivere molte esperienze e ho potuto constatare come tutti, indipendentemente dalla loro professione o status sociale, abbiano dovuto affrontare situazioni di violenza in varie forme.

Sono nato e cresciuto in una città considerata violenta, dove ho potuto assistere a situazioni di violenza sul territorio e sulla popolazione, come descritto nel film “Mani sulla città” di Francesco Rosi. Ho iniziato a lavorare in un centro studi vicino allo Stadio San Paolo, in una zona ancora poco sviluppata, dove erano presenti ancora molte baracche occupate da sfollati della guerra. Un giorno, questi sfollati hanno deciso di protestare e hanno riversato escrementi umani sulle nostre auto, sperando di attirare l’attenzione sulle loro richieste di alloggi popolari.

Questa violenza sociale era diversa da quella personale che avevo già sperimentato, come alcune risse per strada o un episodio a scuola in cui un compagno mi prese violentemente per il collo. In quel momento ho capito di non essere preparato ad affrontare una realtà così diversa dalla mia.

Ho avuto la fortuna di viaggiare molto e ho potuto vedere gli effetti della violenza in diversi Paesi del mondo, specialmente nelle zone di guerra. Ho visitato ospedali da campo dove venivano curati i feriti delle mine e ho visto giovani soldati distrutti dalla stanchezza e dal peso delle armi. Ho anche visto come la burocrazia dell’UNICEF abbia contribuito all’inefficacia delle scuole in Angola, impedendo ai bambini di frequentarle se non erano puliti, cosa che molti non potevano permettersi a causa della povertà.

Ma ciò che mi preoccupa di più sono le storie di violenza che sempre più frequentemente riempiono le cronache dei giornali e dei social media. Oltre al crescente numero di uccisioni e violenze sulle donne, che vengono seguite da fiaccolate e manifestazioni, mi preoccupa la lontananza della politica e della giustizia di fronte a queste tragedie. Non riescono ad intervenire in modo tempestivo nonostante i segnali di aiuto lanciati dalle vittime.

Non voglio sentire parlare di privacy e libertà di espressione, perché né io né le vittime potremmo capire questi concetti in situazioni di violenza. Quello che mi spaventa di più è quanto emerso negli ultimi casi di stupri di gruppo a Palermo e Caivano. I responsabili hanno condiviso foto e video delle loro azioni, commentandole con i loro amici. È inaccettabile che non si senta l’urgenza di intervenire in modo radicale, sia sulla demagogia imperante che sulla mancanza di valori civili nella scuola. Solo un coraggioso prete di Caivano ha avuto il coraggio di denunciare il fallimento del sistema, a partire dalla scuola.

Fino a quando dovremo accettare che una classe dirigente politica possa ignorare tutto ciò senza prendere provvedimenti? È necessario un cambiamento radicale e riforme che ci permettano di costruire un futuro migliore, senza pensare al rischio di perdere qualche voto. La violenza non può essere tollerata, dobbiamo agire e fare la nostra parte per combatterla.

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