Sospensione delle attività convenzionate al centro Cefim: il dramma delle famiglie

La notizia è arrivata all’improvviso e nessuno ci ha avvisati. Ora, non sappiamo come fare. I nostri figli hanno bisogno delle terapie. Katia è una delle mamme dei ragazzi che si recano al centro Cefim di via Ferrarecce a Caserta. Lo scorso 25 agosto, l’ASL ha disposto la sospensione delle attività convenzionate presso questo centro. Al ritorno dalle vacanze estive, circa 200 famiglie hanno trovato il centro chiuso, o meglio, aperto solo per le attività a pagamento. L’unica comunicazione è stata un cartello affisso all’ingresso.

Tutto ha avuto inizio a marzo, quando una commissione dell’ASL ha effettuato un sopralluogo al centro di riabilitazione Cefim. Durante l’ispezione sono emerse criticità strutturali e agli impianti. La società ha comunicato all’ASL un cronoprogramma per la risoluzione dei problemi, che prevedeva una riduzione della superficie della struttura a 458,86 metri quadrati. Tuttavia, per l’attività convenzionata, sono necessari almeno 600 metri quadrati. Di conseguenza, i requisiti strutturali essenziali per le prestazioni a carico del Sistema Sanitario Regionale sono venuti meno e le attività sono state sospese “sino al completamento dei lavori e al ripristino degli spazi utili previsti dalla normativa vigente”.

Questa situazione rappresenta un vero e proprio dramma per circa 200 famiglie che si recano al centro Cefim per le terapie dei loro figli, molti dei quali affetti da disabilità anche gravi. Al momento della ripresa delle terapie, i genitori hanno scoperto con amarezza che le terapie convenzionate sono sospese. Katia, una delle mamme dei ragazzi, commenta: “Adesso chi ci garantisce le terapie? L’ASL ci consiglia di recarci in un altro centro, ma le liste d’attesa sono lunghe. In alcuni casi, si parla anche di un anno e mezzo. I nostri figli hanno bisogno di terapie. Siamo indignati perché nessuno ci ha avvisati e ci siamo trovati all’improvviso senza assistenza per i nostri figli”. I genitori sono pronti ad organizzare una manifestazione pubblica e a denunciare la situazione anche all’autorità giudiziaria.

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