I giudici della Corte d’Appello hanno fissato la data per il processo bis a carico di monsignor Nunzio Scarano e della sua commercialista Tiziana Cascone, gli unici due ad essere stati condannati in primo grado per l’estinzione di un’ipoteca su un appartamento che l’alto prelato salernitano aveva dato in garanzia.

Il collegio si riunirà ad inizio del prossimo mese di ottobre per valutare le motivazioni del ricorso presentato dai legali dei due imputati: l’avvocato Riziero Angeletti per il sacerdote e gli avvocati Carmine Giovine e Agostino De Caro per la professionista salernitana.

Secondo l’accusa, Scarano avrebbe estinto l’ipoteca con finte donazioni di terzi e con assegni da 10mila euro rimborsati in contanti. I giudici di primo grado condannarono Scarano a sette anni di carcere e ad una multa di settemila euro, per riciclaggio limitatamente, hanno precisato i giudici della seconda sezione penale, alla somma di due milioni e circa 400mila euro e di 450mila euro per altro capo di imputazione, con relativa confisca dei beni assimilabili al profitto ricevuto, quindi imposta l’interdizione dai pubblici e uffici e l’interdizione legale per tutto il periodo della pena.

Condannata a tre anni e sei mesi di reclusione, invece, la commercialista di Scarano, Tiziana Cascone, con interdizione dai pubblici uffici e la confisca di beni per oltre 500mila euro.

L’inchiesta scattata nel 2013 portò la procura di Salerno ad accertare presunte false donazioni provenienti da società offshore dei D’Amico transitate su conti Ior intestati a Scarano; secondo il pm Elena Guarino, le donazioni sarebbero servite a coprire un grosso riciclaggio di denaro. In particolare, un giro di assegni che, passando sotto forma di donazioni, sarebbero rientrati in un’operazione di riciclaggio.

In pochi mesi l’inchiesta si chiuse: nei primi giorni di luglio del 2014, il gup Renata Sessa firmò i rinvii a giudizio per il prelato ed altre persone che avrebbero, alcuni a propria insaputa, partecipato all’operazione di estinzione di un’ipoteca su un appartamento che l’alto prelato salernitano aveva dato in garanzia. Estinzione compiuta con finte donazioni di terzi e con assegni da 10mila euro rimborsati in contanti.

Nel 2016, la prima condanna-assoluzione per il monsignore salernitano nel filone romano, una vittoria a metà: assolto dall’accusa di riciclaggio e corruzione, fu condannato solo per calunnia per aver incolpato “falsamente” un uomo dei servizi segreti di furto e ricettazione di un assegno bancario di 200mila euro che Scarano aveva consegnato all’agente in “esecuzione del patto corruttivo”.

Il processo salernitano, invece, si è concluso nel marzo del 2022. Con due sole condanne e l’assoluzione degli “amici” di don Scarano. Ora la parola passa ai giudici d’Appello.

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