L’ultima eruzione dei Campi Flegrei risale al lontano 1538. Prima dell’eruzione, il suolo si sollevò di ben 20 metri. Questa porzione di territorio campano ha condizioni molto particolari, dalla sua forma alla sua capacità geologica di trattenere il magma. Ma cosa successe esattamente 485 anni fa? I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre, hanno studiato questo fenomeno che durò oltre un secolo e sono riusciti a ricostruire i processi che si verificarono prima e dopo quella violenta ed storica eruzione.
I vulcanologi hanno raccolto i dati sulle variazioni del livello del suolo dei Campi Flegrei prima, durante e dopo l’ultima eruzione del 1538, che portò alla formazione del Monte Nuovo. Hanno quindi analizzato il comportamento del vulcano nelle diverse fasi di attività. Lo studio è stato pubblicato di recente, il 16 giugno 2023.
“I vulcani, come i Campi Flegrei – spiega Elisa Trasatti, ricercatrice dell’INGV e prima autrice della ricerca – che hanno avuto l’ultima eruzione in tempi in cui non esistevano strumentazioni scientifiche per la rilevazione di questi fenomeni, hanno una limitata possibilità di comprenderne a fondo il comportamento prima e dopo gli eventi eruttivi”.
Per comprendere ciò che è accaduto prima, durante e dopo l’unica eruzione storica della caldera flegrea, quella del 1538, i ricercatori hanno utilizzato un dataset unico al mondo, formato da dati geologici, archeologici e storici, al fine di ricostruire le variazioni del livello del suolo lungo la costa tra il 1515 e il 1650.
Prima dell’eruzione del 1538 ci fu un notevole sollevamento del suolo. “L’applicazione di modelli matematici per simulare il sistema magmatico dei Campi Flegrei ha permesso di comprendere il comportamento dell’apparato vulcanico nelle diverse fasi di attività. È emerso che l’eruzione è stata preceduta da una intensa deformazione del suolo che ha riguardato prima l’area di Pozzuoli, per poi localizzarsi nell’area della futura bocca eruttiva raggiungendo un sollevamento di 20 metri. Dopo l’eruzione, dal 1538 al 1540, la caldera è stata interessata da fenomeni di subsidenza, mentre dal 1540 al 1582, per più di 40 anni, si è verificato un sollevamento del suolo prima di entrare in una nuova fase di subsidenza che si ritiene sia durata fino alla metà del XX secolo”, aggiunge Elisa Trasatti.
“I modelli hanno evidenziato che durante l’eruzione c’è stato un trasferimento di magma tra una sorgente posta a circa 4 km di profondità verso la bocca eruttiva di Monte Nuovo e che nel periodo successivo caratterizzato dal sollevamento del suolo, questo fenomeno si è ripetuto a causa della risalita di nuovo magma, senza però raggiungere la superficie. Tale fenomeno è stato definito ‘eruzione abortita’”, prosegue Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio. Il magma eruttato nel 1538 è stato solo un centesimo di quello accumulato sotto il vulcano in 4 secoli. “Un ulteriore aspetto degno di nota riguarda le stime effettuate sui volumi di magma coinvolti, laddove è stato stimato che la porzione di magma eruttato nel 1538 è un centesimo circa di quella che si è accumulata sotto il vulcano tra il 1250 e il 1650. Questo fatto evidenzia la forte capacità del sistema flegreo di trattenere il magma, eruttando solo una piccola parte”, aggiunge Valerio Acocella, professore dell’Università Roma Tre e coautore della ricerca.
“Studiare il passato è fondamentale per comprendere al meglio la dinamica attuale. I dati geologici, stratigrafici, archeologici e storici sono una fonte insostituibile di informazioni che si integrano bene con i dati raccolti dalle strumentazioni che operano quotidianamente per il monitoraggio del vulcano. L’integrazione dei dati ha permesso di ottenere un database di circa 2000 anni di deformazione del suolo ai Campi Flegrei, uno dei traccianti della dinamica del vulcano”, conclude Mauro A. Di Vito.
La ricerca pubblicata ha un valore scientifico e al momento non ha implicazioni immediate per la protezione civile, ma potrebbe essere utile in futuro per migliorare gli strumenti di previsione e prevenzione. Al momento, i risultati della ricerca non hanno alcuna implicazione diretta sulla sicurezza della popolazione.