La terza sezione penale della Corte di Appello di Napoli ha emesso una sentenza che ha portato nuovi sviluppi alla vicenda di Arianna Parmentola e Antonio Amendola, nipote di Pupetta Maresca.

Inizialmente, il Tribunale di Torre Annunziata li aveva condannati rispettivamente a 3 anni e 2 mesi di reclusione, e a 7 anni e 4 mesi di reclusione. Parmentola era stata accusata di usura ed estorsione, mentre a suo figlio era stata contestata anche l’accusa di tentato omicidio, per aver cercato di estorcere con la forza una somma di denaro prestato a tassi usurai a un parente (il genero di Parmentola) e per aver tentato di recuperare i soldi con l’uso di una pistola.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame di Napoli aveva considerato insussistente l’accusa di usura e successivamente la Cassazione aveva respinto l’accusa di estorsione. Nonostante ciò, nel processo di primo grado celebrato in abbreviato, il giudice di Torre Annunziata aveva condannato sia la madre che il figlio.

La Corte di Appello di Napoli, a cui gli imputati avevano fatto ricorso, ha invece assolto madre e figlio dalle accuse di usura ed estorsione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Contestualmente, ha riqualificato l’accusa di tentato omicidio, contestata solo ad Amendola, come “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”, un reato meno grave.

Tuttavia, sia Parmentola che Antonio Amendola sono stati ritenuti colpevoli di quest’ultimo reato. Di conseguenza, le pene sono state rideterminate a un anno di reclusione per Parmentola e a 5 anni e 8 mesi per Antonio Amendola.

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