Appello contro la condanna a 6 anni e 2 mesi

Nei prossimi giorni il legale di Oscar Vesevo, il poliziotto accusato di aver fatto sparire una pen drive dal covo del boss Michele Zagaria durante l’operazione che portò al suo arresto, depositerà il ricorso contro il verdetto di primo grado nel quale era stato condannato per peculato e due episodi di truffa (assolto per altre sette imputazioni analoghe).

Il punto centrale della condanna è la contestazione di peculato, anche se i giudici hanno escluso l’aggravante mafiosa. Non condividendo l’ipotesi della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, secondo cui il poliziotto si era impossessato della pennetta perché il supporto conteneva i segreti del boss e dunque con l’intento di venderla e guadagnare quei soldi che gli servivano per pagare i debiti contratti a causa del vizio del gioco d’azzardo.

Durante il processo è emerso che la pen drive conteneva canzoni ed era probabilmente della figlia della coppia di fiancheggiatori che ospitavano Zagaria, ovvero Vincenzo Inquieto e la moglie Rosaria Massa, entrambi condannati per favoreggiamento; inoltre non è stata accertata alcuna vendita della pen drive, mai ritrovata. Di qui l’assoluzione per il reato di corruzione con condanna per peculato semplice e non aggravato. Era stata la Massa a raccontare di aver visto Vesevo prendere la pen drive, ma che il supporto era della figlia.

Ed è proprio sulla testimonianza della Massa, così come sulla qualificazione giuridica del reato di peculato, che si concentreranno le richieste dell’avvocato Giovanni Cantelli, difensore di Vesevo; il professionista chiederà ai giudici di secondo grado di derubricare il peculato e in furto, circostanza che farebbe prescrivere tale reato, e richiamerà quanto stabilito dal tribunale del Riesame di Napoli, che qualche anno fa, in sede di bocciatura della misura cautelare per Vesevo richiesta dalla Procura di Napoli, affermò che in relazione alla pen drive si poteva parlare più di furto che di peculato, non essendo il supporto elettronico mai entrato nella disponibilità dell’ufficio di polizia di Vesevo; nessun verbale di perquisizione, e ciò lo sottolinea anche la sentenza, riporta infatti il sequestro della pen drive.

Cantelli chiederà poi ai giudici di riconoscere la non attendibilità della Massa, che a parere del legale aveva motivi di risentimento verso Vesevo, ritenuto dai giudici l’investigatore forse più determinante per la cattura di Zagaria, operazione che provocò l’arresto della Massa e del marito, con l’abbattimento della loro casa. Proprio in virtù dell’importanza di Vesevo per l’arresto del boss, saranno chieste le attenuanti generiche, e sarà fatto notare ai giudici anche la mancata valorizzazione di alcune dichiarazioni della Massa, che disse che nella sua casa, durante le fasi di cattura di Zagaria, tutti si erano presi qualcosa, non solo Vesevo, ovvero oggetti meno pregiati ma anche di valore.

Gli stessi giudici parlano nella sentenza di “razzia”, ma questi elementi di fatto non hanno portato ad altre approfondite indagini. Altro punto che sarà contestato riguarda i giudizi morali dati dal collegio su Vesevo, ritenuto un ottimo investigatore ma anche un ludopatico, e la condanna a sei anni e due mesi ritenuta eccessiva e di gran lunga maggiore di quella richiesta dal pm – 6 anni e quattro mesi – per tutti i reati aggravati.

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