Settantanove anni fa, la zona tra Salerno e Maiori si svegliò devastata dalla forza delle acque. Dopo una notte di pioggia incessante, i torrenti traboccati invasero le località costiere. Felice Bottiglieri, all’epoca diciottenne e figlio dell’allora presidente della Provincia di Salerno, Girolamo Bottiglieri, fu uno dei primi a raggiungere Maiori, una delle zone più colpite, e raccontò la tragica vicenda al giornale online L’Ora.

L’anno prossimo si celebreranno settant’anni dall’alluvione del 1954, un evento di dissesto idrogeologico senza precedenti che segnò la città di Salerno e la Costiera Amalfitana. Bottiglieri, che all’epoca aveva diciotto anni, ricorda vividamente i momenti più drammatici di quella catastrofe. La pioggia cadde incessantemente per oltre dieci ore, causando lo smottamento di enormi masse di terreno. L’immagine che gli è rimasta impressa è quella del fango e dei detriti che arrivarono fino al primo piano di un edificio di fronte all’ex Caserma dell’Esercito, alla fine di via Fusandola. Il fango penetrò anche nella Chiesa, lambendo l’altare, che si trova in una posizione sopraelevata rispetto agli altri spazi del luogo di culto. L’orologio del campanile si fermò all’1.50 a causa dell’acqua che raggiunse gli ingranaggi. Purtroppo, diverse persone persero la vita e alcuni corpi finirono in mare, mentre un’intera palazzina crollò a Maiori.

Nel giorno successivo alla tragedia, Salerno apparve devastata. Bottiglieri ricorda di aver visto un gruppo di amici che fuggiva dal Rione Olivieri e risaliva verso il centro, testimoniando la gravità della situazione. Un’immagine drammatica fu quella del neoparroco dell’Annunziata, don Carmine De Girolamo, che allineò i corpi sul marciapiede antistante la Villa Comunale. Suo padre, presidente della Provincia, comprese immediatamente l’entità del disastro e si rese conto della necessità di agire attraverso la sua istituzione. Dopo qualche ora, si imbarcò su una motovedetta e fu uno dei primi a raggiungere Maiori, gravemente colpita dall’acqua. La spiaggia di Vietri fu il risultato dell’alluvione del 1954, mentre a Maiori il fango si distribuì lungo tutto il litorale.

Bottiglieri, che in seguito intraprese gli studi di ingegneria, ricorda che i danni materiali maggiori si concentrarono nella zona a valle del Torrente Fusandola. Anche il torrente Rafastia straripò, causando una colata d’acqua e fango nella zona dell’ex Hotel Diana. Un’altra area fortemente colpita fu quella del Rione Olivieri, dove la Strada Statale 18 collassò completamente, tanto che l’esercito dovette intervenire con un ponte Bailey provvisorio per consentire il transito dei veicoli.

Fortunatamente, gran parte del centro storico rimase illesa. Tuttavia, Bottiglieri ricorda che i danni causati dal terremoto del 1962 furono diffusi e provocarono crolli parziali in diverse zone.

Dopo l’alluvione, il Torrente Fusandola è stato oggetto di interventi per la sistemazione delle acque. Via Quagliariello non esisteva e la creazione di un condotto idrico sottostante ha contribuito a mitigare il rischio di esondazioni.

Il rischio idrogeologico, soprattutto nella nostra città e nella Costiera Amalfitana, è ancora elevato. Lo dimostrano dati scientifici e eventi minori avvenuti in periodi successivi, come l’alluvione di Atrani nel 2010. Il clima, soprattutto negli ultimi anni, è profondamente cambiato e i fenomeni estremi si sono moltiplicati. Ma grazie a una corretta gestione della vegetazione e alla cura della natura, le conseguenze dei fenomeni estremi possono essere mitigati. Tuttavia, eventi come quello del 1954 sono molto improbabili, soprattutto a quei livelli di intensità. Le zone a monte sono state edificate e le superfici cementate o asfaltate, il che potrebbe causare una maggiore portata d’acqua e meno colate di fango, soprattutto in Costiera.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui