Atti in Procura per falsa testimonianza nel processo sul monopolio della droga

Durante l’udienza tenuta davanti alla Seconda Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Antonio Riccio, sono stati presentati atti in Procura con l’accusa di falsa testimonianza nei confronti di un macellaio. Questo avvenimento si è verificato nel contesto del processo a carico di 8 persone coinvolte nell’inchiesta sul monopolio della droga gestito da Filippo Piscitelli, conosciuto come ‘o Cervinaro, nell’area della Valle di Suessola, oltre che nelle province di Benevento e Napoli.

Il teste, interrogato dal sostituto procuratore Luigi Landolfi della Dda di Napoli, ha mostrato molta reticenza nel rispondere alle domande e ha ribadito di non voler mettere in difficoltà uno dei suoi clienti, per non creare problemi nel paese (Arpaia) in cui opera come macellaio. Durante una conversazione intercettata tra il teste e Antonio Papa, si faceva riferimento alla vendita di un pollo, ma secondo la Dda si trattava di un codice per riferirsi alla vendita di droga. Nonostante le domande del magistrato antimafia, il teste ha risposto con una serie di “non so” fino ad ammettere infine di non voler mettere in difficoltà l’amico Antonio Papa, che è stato processato insieme ad altre sette persone.

A seguito della reticenza del teste, il pm ha richiesto la trasmissione degli atti in Procura con l’accusa di falsa testimonianza. Si tornerà in aula nel mese di novembre per l’audizione di ulteriori testimoni. Gli 8 imputati, che hanno scelto il rito ordinario, furono destinatari di provvedimenti cautelari emessi dal tribunale di Napoli nell’aprile 2022, poiché ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione ai fini di spaccio. Le indagini hanno rivelato che il gruppo criminale era collegato al clan Massaro e gestiva in modo monopolistico il traffico di droga. L’attività investigativa, condotta tra ottobre 2018 e maggio 2020, ha confermato l’operatività del gruppo criminale.

Sono stati individuati sia il vertice che le articolazioni periferiche del sodalizio, quest’ultime responsabili dello spaccio al dettaglio che avveniva attraverso una distribuzione capillare sul territorio. Ogni piazza di spaccio era affidata a un membro del gruppo, con l’obbligo di rifornirsi presso i canali di approvvigionamento indicati dal vertice criminale. È stato documentato che il gruppo, per affermare la sua supremazia nell’area di influenza e per recuperare crediti dai gestori delle piazze di spaccio, non ha esitato a utilizzare minacce armate, violenze e incendi. Durante l’operazione sono stati sequestrati 200 grammi di hashish, 350 grammi di cocaina e una pistola Beretta calibro 7,65. Sono state segnalate alle Prefetture numerose persone coinvolte nell’uso di stupefacenti. Inoltre, è stata scoperta l’esistenza di una rete telefonica riservata costituita da cellulari “dedicati”, che consentiva le comunicazioni tra gli indagati e i loro familiari detenuti nelle strutture carcerarie.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Romolo Vignola, Carlo Perrotta, Stefano Melisi, Clemente Crisci, Igino Nuzzo, Alfonso Iovino e Michele Di Fraia.

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