Vincenzo Di Lauro rimane in carcere dopo essere stato arrestato dai carabinieri del Ros e del comando provinciale nell’ambito di un’inchiesta della Procura. L’indagine riguarda gli investimenti leciti e illeciti del clan di Secondigliano, fondato dal padre di Vincenzo, Paolo Di Lauro, noto come “Ciruzzo o’ milionario”.

Il Tribunale del Riesame di Napoli, chiamato ad esprimersi sul ricorso presentato dai penalisti Antonio Abet e Andrea Lucchetta, ha parzialmente accolto le richieste degli avvocati. Il giudice non ha ritenuto sussistente l’accusa di associazione autonoma finalizzata alla turbativa d’asta e ha rigettato due delle quattro accuse relative agli stupefacenti.

Tuttavia, il resto dell’accusa presentata dalla DDA è stata confermata e quindi Vincenzo Di Lauro rimane in carcere nonostante il Riesame abbia disposto la sua scarcerazione, ma solo in modo formale, per le accuse ritenute insussistenti. Le conferme riguardano quindi il ruolo di vertice di Vincenzo all’interno del clan e anche nelle associazioni finalizzate al traffico di sigarette di contrabbando, droga e nel riciclaggio dei proventi di tali attività in attività lecite e illecite.

Dal 2015, Vincenzo era a capo del clan Di Lauro, che in precedenza era stato guidato dal padre (dal 1990 al 2002) e dai fratelli Cosimo (decaduto) tra il 2002 e il 2005, Marco tra il 2005 e il 2012, e Salvatore.

Dalla ricostruzione della gestione del clan Di Lauro redatta dai sostituti procuratori De Marco e Giugliano emerge che all’interno del clan c’era un’ala movimentista che era contraria a Vincenzo e lo ritiene responsabile della liquidazione dell’organizzazione camorristica, che era stata fortemente indebolita dalle azioni repressive della magistratura e delle forze dell’ordine.

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