L’aumento dell’edificazione in Campania preoccupa sempre di più. I rilievi satellitari hanno rivelato la presenza di suoli coperti nelle zone a rischio idraulico o a rischio di frane, mettendo in evidenza il pericolo a cui molti comuni si stanno esponendo. In ben 86 comuni è stato ignorato il rischio idraulico certificato dagli esperti. In provincia di Napoli, ad esempio, si registra una situazione preoccupante a Tufino, con oltre 10mila metri quadri in area alluvionale, 7.300 a Nola, seimila a Sant’Antonio Abate e 5.300 a Pollena Trocchia. Ma i casi più eclatanti si trovano ad Apice e Amorosi, in provincia di Benevento, e nel comune casertano di Castel Volturno, dove sono presenti 55mila metri quadrati di suolo edificato in aree a rischio di inondazioni dovute ai cambiamenti climatici. È importante sottolineare che fenomeni del genere sono già accaduti in passato, negli ultimi due millenni. Nelle mappe dell’Ispra compaiono anche i quattrocento metri quadrati di Napoli, Terzigno e Quarto, in zona rossa per frane. Quest’ultima è una situazione particolarmente critica, poiché su questo territorio incombe il versante devastato e dissestato del versante maranese della collina dei Camaldoli. A Quarto, come anche a Qualiano, Villaricca e Mugnano, l’acqua mista a fango scorre abbondante durante le bombe d’acqua.

L’elenco dei comuni dove si è costruito in zone franose è ancora più lungo, con ben 272 casi. A Grottaminarda, in provincia di Avellino, sono presenti 90mila metri quadrati sopra o sotto zone franose. Seguono Eboli e Apice nella classifica. In provincia di Caserta, il primo comune in lista è Maddaloni, noto per allagamenti e problemi alle fogne causati dalla montagna che minaccia di cadere a valle. In provincia di Napoli, il comune di Pozzuoli apre l’elenco delle zone a rischio di frane, afflitto dal fenomeno del ritorno del bradisismo. Qui, il satellite ha individuato 7.600 metri quadrati di suolo edificato dove non dovrebbe esserci. Inoltre, i costoni della zona flegrea hanno mostrato le prime lesioni a causa delle scosse di bradisismo con epicentro in mare. Insomma, chi ha costruito in zone a rischio in questo momento non ha motivo di stare tranquillo.

Le maggiori sorprese arrivano quando si osservano gli incrementi di suolo edificato in Campania. Su 550 comuni, 442 hanno consumato suolo, seppur in piccole quantità. Centodieci comuni, per motivi diversi, non hanno mostrato cementificazioni ai satelliti dell’Ispra, l’Istituto per la protezione ambientale, che ha raccolto i dati. Nella speciale classifica dell’incremento netto di suolo edificato, il comune di Maddaloni, in provincia di Caserta, si posiziona al primo posto con 20,24 ettari in più nell’arco di dodici mesi del 2022. Seguono Nola, con 18 ettari sacrificati, e Telese Terme. Non sorprende il dato di Giugliano in Campania, città nota per la cementificazione selvaggia, con 10 ettari consumati in zone dove ancora vengono concesse autorizzazioni a costruire, soprattutto in aree dove l’abusivismo edilizio continua a sfuggire ai controlli. Mugnano di Napoli, con l’edificazione di 4,35 ettari, si è ancor di più attaccata al capoluogo di provincia. Benevento e Caserta hanno consumato più di dieci ettari ciascuno, mentre Salerno 1,73 ettari.

La situazione è allarmante e richiede un’attenzione particolare da parte delle autorità competenti. È fondamentale adottare politiche di pianificazione del territorio volte a proteggere le aree a rischio e a limitare l’abusivismo edilizio. Solo così si potrà garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela dell’ambiente.

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