Il racconto di Emilio Lavoretano sulle violenze subite in carcere è sconvolgente. Il 6 aprile 2020, mentre era detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, l’uomo è stato vittima di pestaggi da parte degli agenti penitenziari. Lavoretano, che sta scontando una pena di 27 anni per l’omicidio della moglie, ha deciso di costituirsi parte civile nel processo che vede 105 persone imputate per questi episodi di violenza.
Secondo il suo racconto, quel giorno degli agenti sono entrati nella sua cella con manganelli e il volto coperto da caschi e bandane. Lavoretano afferma di non averli riconosciuti e di aver subito un’aggressione brutale. “Fui colpito con un manganello sulla schiena e poi preso a schiaffi, passando da un agente all’altro come una pallina di ping pong nel corridoio”, dichiara.
Ciò che rende ancora più inquietante la testimonianza di Lavoretano è il fatto che il carcere sembrava essere preso in mano da agenti esterni, che si presentarono come provenienti da Secondigliano. Gli agenti in servizio sembravano inermi e non potevano fare nulla per fermare le violenze. Tuttavia, Lavoretano riconosce la buona volontà di alcuni di loro, come Biagio Braccio e Paolo Buro, che hanno cercato di aiutarlo nonostante le circostanze.
Questo processo, che vede numerosi agenti, funzionari del Dap e medici dell’Asl imputati, è di fondamentale importanza per far luce su questi episodi di violenza in carcere. Lavoretano ha deciso di parlare e di denunciare ciò che ha subito, nella speranza che giustizia sia fatta e che situazioni come queste non si ripetano in futuro.