Picchiato nonostante indossasse un busto per un problema alla schiena. Addirittura preso a manganellate proprio nel punto dove indicò di avere dolore. E’ questa la testimonianza di Emilio Lavoretano, attualmente detenuto al carcere di Terni per l’omicidio della moglie Katia Tondi, nel corso del processo per le torture avvenute all’interno penitenziario di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020.
“Il giorno prima ci fu il primo caso di Covid – ha raccontato Lavoretano – Chiedemmo le mascherine perché avevamo paura”, ha esordito Lavoretano. Poi il giorno successivo, quello delle torture oggetto del processo, “eravamo in stanza. All’improvviso si staccò il segnale delle televisioni. Poi sentimmo le urla provenire dai piani inferiori. Dai detenuti del reparto Tevere, che si trova di fronte al Nilo, sapemmo che stano menando delle persone giù. Dopo circa un’oretta ci siamo trovati gli agenti nelle stanze”, ha riferito Lavoretano.
La sua cella fu tra le prime a ricevere le attenzioni degli agenti. “Ci fecero girare verso la finestra e ci fecero fare le flessioni sulle gambe – ha chiarito – Io dissi che non potevo per un problema alla schiena. Indossavo un busto steccato a vista. A quel punto mi dissero: “Dove hai il problema?” e mi diedero una manganellata dove io indicai di avere dolore. Poi con uno schiaffo mi fecero uscire fuori dalla stanza. Nel corridoio un altro agente mi diede uno schiaffo e mi fece cadere a terra. Poi passai ad un altro agente ancora come una pallina da ping pong, mi passavano da uno ad un altro”.
Non solo le botte ma anche gli insulti. “Uomo di m …, Femminiello”, avrebbero detto gli agenti che di volta in volta lo prendevano in consegna. Poi venne mandato allo spazio dedicato al passeggio: “Sulle scale c’erano agenti a destra e sinistra e venni colpito anche lì”. Durante il tragitto “chiesi anche aiuto ad un altro agente che era in servizio in un’altra sezione: mi guardò come se volesse ma non poteva farlo”, ha concluso.
Si torna in aula la prossima settimana. Tra gli avvocati che difendono i detenuti vittime delle aggressioni ci sono: Carmine D’Onofrio (tra i primi a depositare una denuncia per uno dei detenuti facendo avviare l’indagine), Mirella Baldascino, Luca Viggiano, Goffredo Grasso, Elvira Rispoli, Fabio Della Corte, Giuseppe De Lucia, Gennaro Caracciolo, Pasquale Crisci, Ferdinando Letizia, Marco Argirò, Pasquale Delisati, Andrea Balletta e Giovanni Plomitallo. A rappresentare l’Asl di Caserta, invece, l’avvocato Marco Alois mentre l’avvocatura dello Stato si è costituita per il Ministero della Giustizia. Asl e Ministero della Giustizia sono stati citati anche in qualità di responsabili civili.
Tra i difensori degli imputati sono impegnati – tra gli altri – gli avvocati Giuseppe Stellato, Mariano Omarto, Vittorio Giaquinto, Carlo De Stavola, Raffaele Costanzo, Angelo Raucci, Roberto Barbato, Dezio Ferraro, Elisabetta Carfora, Domenico Di Stasio, Valerio Stravino, Massimo Trigari, Luca Di Caprio, Mario Corsiero, Rossana Ferraro, Ernesto De Angelis, Claudio Botti, Vitale Stefanelli, Michele Spina, Fabrizio Giordano, Raffaele Russo, Valerio Alfonso Stravino, Antonio Leone, Domenico Pigrini, Ciro Balbo, Dario Mancino, Natalina Mastellone, Gabriele Piatto, Carlo De Benedictis, Rosario Avenia, Domenico Scarpone, Eduardo Razzino.