L’allarme sulla criminalità minorile in Italia è sempre più diffuso e preoccupante. Le statistiche del ministero della Giustizia evidenziano un aumento dei nuovi ingressi nei istituti penali per i minorenni, con un numero sempre crescente di ragazzi in stato di detenzione. Questo fenomeno coinvolge non solo i giovani italiani, ma anche quelli di altre nazionalità, come tunisini, egiziani, romeni e algerini. La convivenza tra ragazzi provenienti da diverse culture e storie familiari alimenta tensioni e conflitti, che spesso sfociano in episodi di violenza. È evidente che il sistema di detenzione minorile deve affrontare diverse difficoltà legate a queste diversità, sia linguistiche che comportamentali. Inoltre, è necessario rafforzare le figure professionali coinvolte nel recupero dei giovani detenuti, come psicologi e assistenti sociali, affinché siano in grado di comprendere appieno la realtà complessa in cui operano. È importante sintonizzarsi sulle lunghezze d’onda di un mondo in costante evoluzione, con i suoi slang, riferimenti ideali e l’utilizzo dei social media. Inoltre, non si possono trascurare le difficoltà legate alla diffusa tossicodipendenza tra i giovani detenuti. Gli operatori degli istituti minorili sanno bene che per rieducare e recuperare questi ragazzi è necessario conoscere la realtà con cui hanno a che fare. Non è sufficiente intervenire solo sul codice penale o puntare sulla retorica della prevenzione e della scuola. È necessario investire di più sulle associazioni e sulle case di accoglienza, arricchendo le strutture di operatori sociali e psicologi, costantemente aggiornati sulle nuove sfide che il mondo minorile presenta. Bisogna abbandonare il buonismo e concentrarsi su azioni concrete che possano offrire una speranza di futuro a questi ragazzi, che spesso credono solo nella strada della delinquenza.

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