Truffa nelle pompe funebri: inchiesta chiusa con prescrizione

L’inchiesta sul presunto accordo tra le confraternite di Montecorvino Rovella e le agenzie di pompe funebri per truffare i familiari dei defunti si è conclusa con una serie di prescrizioni. La sentenza, che ha cancellato tutto il procedimento, è stata emessa ieri pomeriggio dai giudici della seconda sezione penale. I quattro priori delle confraternite di Montecorvino, Umberto Sabato, Donato Salvato, Carmine Mellone e Vittorio Cerino, sono stati dichiarati non colpevoli a causa della prescrizione dei reati. Anche i tre titolari di pompe funebri, Pasquale Lamberti, Michele Cuomo e Carmine Rossomando, accusati di aver anticipato l’esumazione dei cadaveri per fare spazio a nuove sepolture e incassare altri soldi, sono stati dichiarati non colpevoli. L’unico a rischiare la condanna era Donato Salvato, ma i giudici hanno accolto la richiesta dell’avvocato Carlo Di Ruocco di derubricare il reato da estorsione a truffa, e quindi anche per lui è intervenuta la prescrizione.

L’inchiesta, conclusa nel 2015 dal pubblico ministero Colamonici, si basava sui soldi versati dalle famiglie dei defunti per l’accesso ai loculi. Secondo la Procura, gli imputati guadagnavano sulla sepoltura anticipata dei corpi, incassando la quota di iscrizione e ulteriori quote periodiche. Le accuse contestate dalla Procura erano associazione a delinquere, vilipendio di cadaveri, violazione di sepolcro, truffa, violenza ed estorsione. La Procura sosteneva che i rappresentanti delle confraternite avrebbero convinto i titolari delle agenzie funebri a non chiudere ermeticamente i coperchi delle bare, accelerando così il processo di decomposizione dei corpi e permettendo la riesumazione anticipata di ben cinque anni. Le confraternite guadagnavano sia sulla riesumazione che sul fatto di avere loculi vuoti, che potevano essere affittati a nuovi affiliati. In alcuni casi, gli imputati avrebbero anche spinto i familiari a rinnovare la concessione prima del tempo, costringendoli a pagare ulteriori soldi. L’inchiesta è nata dalla denuncia di uno dei titolari delle pompe funebri, che è stato minacciato da uno dei responsabili delle confraternite.

Nonostante le accuse gravi, l’inchiesta si è conclusa con la prescrizione dei reati. Questo episodio mette ancora una volta in luce il problema delle prescrizioni nel sistema giudiziario italiano, che spesso impediscono di fare giustizia. Speriamo che in futuro si possano trovare soluzioni per evitare che casi come questo finiscano impuniti.

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