Un antico panificio-prigione è stato scoperto durante gli scavi nell’area ancora inesplorata della città antica di Pompei. Questo panificio era un luogo angusto e senza finestre, dove persone ridotte in schiavitù e asini erano costretti a macinare il grano per produrre il pane. Le finestre erano dotate di grate di ferro per far entrare la luce, mentre nel pavimento c’erano incavi per coordinare il movimento degli animali.

La casa in cui è emerso il panificio era in fase di ristrutturazione e si divideva in una zona residenziale decorata con affreschi di IV stile e un’area produttiva dedicata alla panificazione. In uno degli ambienti del panificio erano state trovate tre vittime, confermando che la casa non era disabitata nonostante i lavori in corso.

Questa scoperta ci permette di comprendere meglio il funzionamento pratico del panificio, confermando le descrizioni di Apuleio, uno scrittore vissuto nel II secolo d.C., che nel suo racconto delle Metamorfosi descrive l’esperienza di una persona trasformata in asino e venduta a un mugnaio.

L’area produttiva scoperta non aveva porte o comunicazioni con l’esterno, con un’unica uscita che dava sull’atrio. Questo spazio era chiaramente destinato a limitare la libertà di movimento delle persone ridotte in schiavitù. Le poche finestre erano chiuse con grate di ferro, confermando l’uso della violenza brutale.

La zona delle macine era adiacente alla stalla e presentava incavi semicircolari nelle lastre di basalto, che erano stati realizzati per evitare che gli animali scivolassero e per tracciare un percorso circolare. Fonti iconografiche e letterarie suggeriscono che una macina fosse azionata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Lo schiavo aveva il compito di spingere la macina, incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura.

L’usura degli incavi indica che gli animali giravano in modo sincronizzato intorno alle quattro macine. Questo ambiente, con la sua testimonianza della dura vita quotidiana, si aggiunge alla mostra “L’altra Pompei: vite comuni all’ombra del Vesuvio”, che si aprirà il 15 dicembre alla Palestra Grande di Pompei. La mostra è dedicata a coloro che erano spesso dimenticati dalla storia, come gli schiavi, che rappresentavano la maggioranza della popolazione e contribuivano in modo significativo all’economia, alla cultura e al tessuto sociale della civiltà romana.

In conclusione, luoghi come questo ci aiutano a capire perché c’erano persone che cercavano di cambiare quel mondo e perché un membro di un piccolo gruppo religioso come Paolo, in seguito santificato, scrivesse che è meglio essere schiavi di un padrone celeste piuttosto che di uno terrestre.

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