Benevento. 2 anni di carcere per falso, accuse prescritte per altri 3 imputati
Benevento. La condanna di due imputati per falso, la dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di altri tre per l’intervenuta prescrizione delle violazioni edilizie e in materia ambientale contestate. E’ la sentenza del gup Vincenzo Landolfi al termine del rito abbreviato per le cinque persone – per una sesta era già stato stabilito il sì alla messa alla prova- coinvolte in una indagine del Corpo forestale su una vicenda relativa ad un impianto di carburante a Sant’Angelo a Cupolo.
La condanna a 2 anni, ritenuto falso un verbale di sopralluogo del 28 luglio del 2016, è scattata per Claudio Petrella (avvocato Antonio Leone), 67 anni, e Agostino Iannazzone (avvocato Carmine Cavuoto), 70 anni, entrambi di Sant’Angelo a Cupolo, geometri dell’ufficio tecnico del Comune.
Accuse prescritte invece per Fabio D’Arbes, 46 anni, legale rappresentante della ‘Giap srl’ dall’aprile del 2016 al marzo del 2017, Rosario Minardo, 73 anni, suo successore, Pasquale Matarese, 56 anni, legale rappresentante della ‘Zenit srl’, tutti di Modica, difesi dagli avvocati Fabio Borrometi e Vincenzo Sguera.
Nel mirino era finita la realizzazione, nel 2016, di un impianto di trattamento delle acque meteoriche di dilavamento – Sortino è il progettista- a servizio del distributore di carburanti di proprietà della ‘Giap ‘ a Sant’Angelo a Cupolo, alla località Bagnara Valle. Un intervento che, sosteneva la Procura – sarebbe stato portato a termine in difformità dell’autorizzazione rilasciata il 13 settembre del 2016.
Attenzione puntata sul destino delle acque piovane provenienti dal piazzale dell’impianto: secondo gli inquirenti, “avrebbero dovuto essere convogliate, per mezzo di griglie di raccolta attraverso tubazioni, al sistema di smaltimento che, attraverso un pozzetto scolmatore, avrebbe separato le acque di prima pioggia dalle restanti: le prime inviate ad una vasca di accumulo previo trattamento, le seconde convogliate, tramite una tubazione installata sempre nel pozzetto scolmatore, ad una griglia nella canaletta sul lato opposto della strada”. Ciò al fine di evitare “il recapito nei corsi d’acqua o nelle pubbliche fognature di sabbia, terriccio, idrocarburi, residui oleosi, nonché sostanze inquinanti in genere”.
Il Pm aveva ravvisato la presunta difformità delle opere “nell’inesistenza del ramo fognario, nonchè della griglia nella canaletta”, che fa sì che le acque “confluiscono tutte nella vasca a svuotamento periodico”, con dispersione sul piazzale del distributore e sulla strada comunale”.
Oggi la discussione: il Pm aveva chiesto l’assoluzione di Petrella e Iannazzone e la prescrizione per gli altri, in serata la decisione del giudice.