In questa rubrica, con l’aiuto dell’avvocato Simone Labonia, trattiamo sempre argomenti legati al mondo della Giustizia: oggi ci addentriamo in una dissertazione che dimostra come il rapporto tra avvocato ed assistito possa prendere vie tortuose. In questo caso specifico, il protagonista è un legale che ha messo in atto un comportamento non professionale, che è stato giustamente punito dal Consiglio Nazionale Forense. Il nostro avvocato era leggermente assenteista e non prendeva adeguatamente in considerazione il suo ruolo di salvaguardia dei diritti dei clienti. Ciò che colpisce di più è stato il fatto che abbia dato false rassicurazioni sul procedimento legale. La sentenza ha sottolineato l’inadempimento al mandato e la condotta in violazione dei doveri deontologici. Il nostro avvocato, dopo aver accettato incarichi e ricevuto pagamenti anticipati, ha trascurato il suo ufficio e ha fornito informazioni false ai clienti. Gli indici di commisurazione della pena prevedono la sospensione dell’attività professionale fino a un anno, nella forma aggravata che contempla un comportamento reiterato nel tempo. Il professionista ha presentato ricorso ma è emerso che spesso non aveva nemmeno l’iscrizione al ruolo per le cause di cui si doveva occupare. È importante sottolineare che il comportamento di una “pecora nera” non può inficiare l’attività diligente di migliaia di professionisti che mettono in campo la loro attenzione e preparazione per servire i loro clienti.

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