Un triste episodio si è verificato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove Ihor Varvachyn, un detenuto ucraino di 51 anni, si è suicidato all’interno della sua cella. Questo è il terzo caso di suicidio nel carcere nel corso del 2023. Varvachyn era accusato dell’omicidio del suo amico Pavlo Zapprozhets, avvenuto durante la Pasqua dello scorso anno a Pastorano. Ciò che rende questo caso particolarmente tragico è che il giorno prima del suicidio, il detenuto aveva partecipato ad un’udienza.
Il Garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuel Ciambriello, ha commentato il caso sottolineando che le ragioni per cui i detenuti si suicidano sono molte. Nel caso di Varvachyn, sembrava che avesse una buona relazione con i suoi figli e non aveva mai mostrato segnali di disagio. Tuttavia, qualcosa deve essere successo, forse una brutta notizia riguardante la sua situazione giudiziaria, che lo ha spinto a prendere questa tragica decisione.
Ciambriello ha sottolineato l’importanza di creare un ambiente carcerario in cui ci siano più figure di supporto, come assistenti sociali, psicologi, psichiatri ed educatori, che siano in contatto diretto con i detenuti. È necessario creare una rete di ascolto più ampia, perché se parlare è un bisogno, ascoltare è un’arte. Inoltre, la politica deve agire con risposte concrete per affrontare il sovraffollamento delle carceri, evitando soluzioni populistiche o mediatiche.
Purtroppo, il caso di Varvachyn non è isolato. Nel corso del 2023, sono stati registrati 67 suicidi in tutta Italia, di cui 5 in Campania, tra i penitenziari di Santa Maria Capua Vetere, Secondigliano e Poggioreale. Questi dati allarmano e richiedono un’azione urgente per migliorare le condizioni all’interno delle carceri e prevenire simili tragedie.