L’incubo è finalmente alle spalle per Carmine De Rosa, il giovane di 28 anni di Carinaro (Caserta), agente di Polizia penitenziaria che lo scorso settembre è finito in coma dopo essere caduto dal secondo piano di un ospedale di Milano nel tentativo di inseguire un detenuto evaso gettandosi da una finestra.

Dopo alcuni giorni, il poliziotto è stato dichiarato fuori pericolo, ma da allora ha dovuto affrontare un periodo di convalescenza. L’altro giorno è stato dimesso dall’ospedale ed è tornato al suo posto di lavoro, il carcere San Vittore di Milano, accolto da applausi scroscianti, cori e abbracci da parte di tutti i colleghi.

Carmine De Rosa è figlio di Nicola e Antonietta Cipullo e ha un fratello anch’egli poliziotto penitenziario che presta servizio a Verona. Intorno alle 5 del mattino di giovedì 21 settembre, un detenuto palestinese di 32 anni, ricoverato in ospedale la sera prima per alcune ferite riportate durante una lite avvenuta nel carcere milanese dove era finito ad agosto a seguito dell’arresto per una rapina di un Rolex in strada, si è dato alla fuga lanciandosi da una finestra. Nel tentativo di inseguirlo, De Rosa, che lo aveva in custodia, si è lanciato anch’egli dalla finestra, ma è caduto battendo la testa.

Secondo quanto riferito dalla questura di Milano, l’agente è riuscito a raggiungere il pronto soccorso dello stesso ospedale San Paolo a piedi, ma ha avvertito un malore. È stato quindi trasportato al San Carlo per un trauma cranico e fratture alle vertebre cervicali, ed è stato ricoverato in condizioni gravissime dopo essere stato sottoposto a un intervento neurochirurgico per l’evacuazione di un ematoma cerebrale e per la “decompressione cranica e l’inserimento di un sistema di monitoraggio della pressione intracranica”. Il fuggitivo, Nazim Mordjaneera, è stato poi arrestato il 6 ottobre a Ginevra, in Svizzera.

Questa notizia ha destato grande sconcerto nella comunità di Carinaro, che era in trepida attesa per il rapido recupero del 28enne. Nei confronti di De Rosa sono stati numerosi gli attestati di solidarietà, in particolare da parte del capo del Dap, Giovanni Russo, e del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “Lo Stato gli è riconoscente”, aveva dichiarato il Guardasigilli, “consapevole anche della necessità di migliorare la qualità del lavoro di migliaia di agenti penitenziari”.

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