La Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha presentato un ricorso in Appello contro la sentenza emessa dai giudici del tribunale di Venezia, presieduti dal giudice Roberto Manduzio. Questa sentenza ha condannato 31 persone, ma ha ridotto l’accusa di associazione di stampo mafioso ad associazione semplice.

Nelle oltre 3.000 pagine di motivazioni depositate a dicembre, i giudici hanno evidenziato che Donadio e i suoi soci si definivano “Casalesi di Eraclea”, ma queste espressioni erano considerate “meri esibizionismi” utilizzati per impressionare attribuendo loro un’importanza criminale significativa. Secondo i giudici, la realtà è diversa, mancando una forza intimidatrice del sodalizio di Donadio nei confronti della comunità locale. Inoltre, mancano “contatti con la casa madre”, tanto che Nicola Schiavone, figlio di Sandokan e diventato collaboratore di giustizia, ha dichiarato di non conoscere Donadio e il suo braccio destro Raffaele Buonanno.

Queste motivazioni hanno spinto i pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini, insieme alla Regione Veneto, parte civile nel processo di primo grado, a presentare un ricorso consistente contro la sentenza. Secondo la Procura, le prove fornite, comprese le intercettazioni e le intimidazioni riferite ai Casalesi, inserite nelle 190 pagine dell’appello, potrebbero rimettere in discussione l’accusa di associazione mafiosa nel secondo grado.

La corte veneziana aveva condannato, tra i principali imputati, Luciano Donadio, presunto capo del gruppo, a 26 anni di carcere; Raffaele Buonanno a 19 anni; Antonio Buonanno a 14 anni; Adriano Donadio, figlio di Luciano, a 5 anni e 8 mesi. Tra gli assolti, c’era l’ex sindaco di Eraclea, Mirco Mestre, che potrebbe essere nuovamente giudicato con il ricorso presentato.

Questo ricorso in Appello potrebbe portare a una revisione dell’accusa di associazione mafiosa nel caso di Donadio e dei suoi soci. La decisione finale spetterà ai giudici del tribunale di Venezia.

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