Cambiali per pagare l’estorsione: il clan Di Lauro ancora in azione

Il clan Di Lauro, nonostante gli arresti e le decimazioni seguite a sanguinose faide di camorra, dimostra ancora di essere forte e in grado di controllare il territorio dell’area nord di Napoli. Questa volta si parla di come riescano ad inquinare l’economia ricorrendo a intimidazioni e violenze, utilizzando addirittura cambiali per pagare l’estorsione.

Gli emissari della cosca di Secondigliano, fondata da “Ciruzzo o’ milionario”, hanno esteso le proprie attività anche oltre i confini cittadini, imponendo il “pizzo” al titolare di un bar di Arzano. Lo hanno costretto a firmare cambiali per un valore di 70mila euro, come “copertura” del debito di mille euro al mese.

La vittima ha ceduto al ricatto per mesi, fino a quando ha deciso di vendere il suo bar per riaprirne uno nuovo in un’altra zona, per sfuggire alle minacce dei camorristi. Ma i membri del clan sono tornati alla carica con minacce ancora più pesanti e richiedendo sempre mille euro al mese come tangente. A quel punto l’uomo ha deciso di rivolgersi ai carabinieri e denunciare i suoi aguzzini.

Il giudice per le indagini preliminari, accogliendo le richieste dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha emesso cinque misure cautelari in carcere nei confronti di altrettanti indagati, tra cui Vincenzo Di Lauro, figlio del boss Paolo, e il suo braccio destro Umberto Lamonica.

Le indagini del Ros di Napoli e dei militari della compagnia di Casoria hanno permesso di scoprire che la vittima aveva già versato al gruppo criminale una somma di 100mila euro all’inizio del gennaio 2019, pur di mettere fine alle angherie della camorra. Ma gli aguzzini non si sono accontentati e sono tornati con ancora più forza. La sua vita è tornata all’inferno e si è interrotta solo grazie alla denuncia.

Ieri sono scattate le manette e i militari del Raggruppamento operativo speciale, insieme alla compagnia di Casoria, hanno arrestato cinque persone, di cui tre erano già in carcere. Oltre a Vincenzo Di Lauro e Umberto Lamonica, sono stati arrestati Gennaro Bizzarro, Giovanni e Mario Cortese.

Un particolare sconcertante emerso dalle indagini è che il boss avrebbe rivolto minacce direttamente alla vittima delle estorsioni dal carcere, riuscendo addirittura a contattarlo tramite videochiamate. Le telefonate sono attualmente al vaglio degli inquirenti.

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Roselli, soprannominato “Frizione”, elemento di vertice del clan Amato-Pagano, hanno confermato le situazioni pregresse non denunciate dalla vittima. I nomi degli indagati sono ben noti alle cronache giudiziarie, come Giovanni Cortese, detto “o’ Cavallaro”, e suo fratello Mario, entrambi affiliati al clan Di Lauro.

Questa vicenda dimostra ancora una volta la forza e la pericolosità dei clan camorristici, che sono in grado di infiltrarsi nell’economia sana e minacciare la vita di persone oneste. È fondamentale che le istituzioni continuino a combattere la criminalità organizzata per garantire la sicurezza e la legalità del nostro territorio.

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