Verdetto di primo grado per l’omicidio di Tammaro Solli, avvenuto il 22 gennaio del 1998 da un gruppo del clan Polverino. L’uomo, estraneo al mondo criminale, è stato avvicinato da un’auto e ucciso a colpi di arma da fuoco nella zona della Rotonda Maradona, al confine tra i comuni di Marano, Villaricca e Quarto. Il giudice del tribunale di Napoli (rito abbreviato) ha condannato i mandanti e gli esecutori dell’omicidio: 25 anni di reclusione per Giuseppe Simioli, conosciuto come ‘o Petruocelo, che per anni è stato il capo del clan Polverino e ora collabora con la giustizia; 20 anni per Salvatore Liccardi e Raffaele D’Alterio, già detenuti per altri reati; 12 anni di reclusione per Giuseppe Ruggiero, conosciuto come Geppino ceppa ‘e fung, che si è pentito pochi mesi fa e per molto tempo è stato uno dei capi del clan di Marano. Otto anni, infine, per un altro collaboratore di giustizia, Roberto Perrone, che era una figura di spicco nell’organizzazione degli affari illeciti nel comune di Quarto.

Secondo quanto stabilito dalla sentenza di primo grado, l’esecutore materiale dell’omicidio di Solli sarebbe stato Raffaele D’Alterio. Tuttavia, secondo il collaboratore Perrone, il primo a sparare sarebbe stato Giuseppe Ruggiero, che era armato di fucile da caccia, ma non si era accorto di avere la sicura inserita quando ha aperto il fuoco contro la vittima. A quel punto, D’Alterio sarebbe intervenuto con una pistola a tamburo. Liccardi, conosciuto come Pataniello, avrebbe invece fornito un garage a Quarto per nascondere le armi e un’auto nuova dopo l’esecuzione del delitto. Solli è stato ucciso per compiacere il clan D’Alterio-Pianese di Qualiano, guidato all’epoca da Nicola Pianese. Quest’ultimo aveva chiesto all’uomo, che all’epoca aveva poco più di trent’anni, di intervenire con Salvatore Speranza, un membro della malavita di Qualiano che si era pentito proprio in quel periodo. I vertici del clan di Qualiano, tramite l’intervento di Solli, speravano che Speranza ritrattasse le sue dichiarazioni alle autorità giudiziarie. Almeno secondo quanto riferito da Roberto Perrone e Giuseppe Simioli, anche altri membri dei Polverino, tra cui Ciro Manco, Sabatino Cerullo e Carlo Nappi, sarebbero stati complici dell’omicidio.

L’omicidio è stato commesso dai sicari a bordo di un’Alfa 33. Uno dei collaboratori di giustizia del clan Polverino, Giuseppe Simioli, sarà anche protagonista di un altro processo che è quasi concluso. Si tratta del processo in cui sono imputati l’ex sindaco Mauro Bertini, l’imprenditore edile Angelo Simeoli, Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli dell’ex senatore di Forza Italia Luigi Cesaro, e l’ex funzionario comunale di Marano Armando Santelia. Tutti sono accusati, a vario titolo, di complicità esterna con i Polverino e corruzione. Il procedimento giudiziario, che dura da tre anni, doveva concludersi ieri con la lettura della sentenza, ma verrà concluso entro la fine di marzo. Gli avvocati di Simeoli, accusato di corruzione, hanno presentato in aula un documento che dimostra che il loro assistito è stato assolto meno di venti giorni fa in un altro processo dall’accusa di complicità esterna con il clan Polverino.

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