La testimonianza di Luigi D’Alessio è stata confermata in aula, rivelando dettagli che erano già stati resi noti tre anni fa al pubblico ministero. Durante il processo ai 105 imputati del corpo penitenziario per violenze nella casa circondariale, D’Alessio ha fornito ulteriori informazioni, come l’invito a ritirare una denuncia da parte di un agente penitenziario. Ha anche accusato in modo generico un’altra figura di uniforme per aver fornito un telefono cellulare.

D’Alessio, vittima di pestaggi e detenuto a Siracusa, ha indicato Michele Vinciguerra come l’agente che gli avrebbe chiesto di ritirare la denuncia. La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha evidenziato che questo fa parte dei tentativi di depistaggio degli agenti accusati di abusi. Nonostante l’avvocato difensore abbia contestato la mancanza di menzione di queste informazioni in precedenza, i video mostrano chiaramente le violenze subite da D’Alessio.

Il testimone ha anche parlato dei telefoni cellulari in carcere, suggerendo che gli agenti possano introdurli o non controllarli adeguatamente. Ha raccontato di aver ricevuto un cellulare da un altro detenuto, che a sua volta lo aveva ottenuto da un agente, ma ha ammesso di aver mentito inizialmente per proteggersi. Ha messo in discussione l’efficacia dei controlli di sicurezza all’ingresso del carcere, sottolineando che è difficile far entrare un telefono senza essere scoperti.

Nel frattempo, sono stati interrogati alcuni dei detenuti recentemente arrestati per traffico di droga e telefoni cellulari all’interno del carcere. La testimonianza di D’Alessio e le nuove informazioni fornite in aula hanno evidenziato la complessità e la gravità della situazione nel sistema penitenziario, mettendo in luce la necessità di indagini approfondite e di interventi per garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti dei detenuti.

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