La scomparsa del Presidente Raisi, avvenuta in circostanze ancora poco chiare, non avrà un impatto significativo sui programmi strategici né sulla linea politica restrittiva e “moralista” del regime degli Ayatollah. Anche se i poteri passano al Vicepresidente Mohammad Mokhber, il vero potere decisionale è saldamente nelle mani di Khamenei, il quale detiene l’ultima parola su tutte le questioni politiche ed il programma nucleare, che preoccupa l’Occidente.
La morte di Raisi e del Ministro degli Esteri ha portato il Paese verso l’integralismo, con Khamenei che continua a esercitare un controllo assoluto sul governo. Si prevede che si terranno nuove elezioni entro 50 giorni, con la possibilità che gli Ayatollah tornino al potere. Khamenei sta già preparando il terreno per il figlio Mojtaba, sperando che possa essere eletto per garantire la continuità della politica del Paese.
Le circostanze della morte del Presidente sollevano interrogativi, soprattutto considerando l’instabilità nella regione mediorientale e il sostegno dell’Iran ad Hamas. Le teorie del complotto non sono da escludere, considerando che l’incidente è avvenuto in un momento critico.
L’Iran, membro dei BRICS e uno dei principali produttori di petrolio, ha legami economici con Cina e Russia. Si teme che l’integralismo islamico possa portare a ulteriori destabilizzazioni nella regione, con Israele nel mirino degli alleati dell’Iran.
La situazione in Medio Oriente è complicata dalle azioni militari di Israele contro Hamas, che hanno generato tensioni con gli alleati occidentali. Il Tribunale dell’Aia ha emesso un mandato di arresto per Netanyahu, ma non è riconosciuto da alcuni Paesi, compresi gli Stati Uniti.
In conclusione, la morte del Presidente Raisi solleva interrogativi sulla stabilità politica dell’Iran e sulle dinamiche che si stanno sviluppando. Resta da chiarire se la morte del Ministro degli Esteri sia stata una coincidenza o abbia avuto un qualche significato politico. Solo il tempo potrà svelare la verità dietro questo evento.
