Il 25 settembre 1979 è una data che rimarrà impressa nella memoria di tutti coloro che hanno lottato contro la mafia. In quel giorno, Cesare Terranova, magistrato palermitano coraggioso e determinato, è stato ucciso in un vile agguato insieme al maresciallo Lenin Mancuso, suo fedele collaboratore.
Il 1979 è stato un anno di grande violenza da parte della mafia nei confronti dello Stato e delle istituzioni. Numerosi personaggi pubblici sono stati eliminati per ostacolare il potere criminale della mafia. Cesare Terranova, deputato e membro della Commissione antimafia, aveva denunciato l’esistenza di “santuari inviolabili” del potere mafioso che dovevano essere debellati. Conosceva bene le strutture e le dinamiche delle cosche, avendo condotto processi sin dal 1958 e seguito da vicino la prima guerra di mafia nel 1962.
Terranova non si faceva illusioni sulla natura della mafia: per lui non era un fenomeno folcloristico, ma un’organizzazione criminale efficiente e pericolosa. Le sue sentenze, fin dagli anni Sessanta, fornivano una descrizione precisa di questo fenomeno malavitoso, smontando gli stereotipi minimalisti e sottolineando l’efficienza e la pericolosità della mafia.
Dopo la strage di Ciaculli, l’istruttoria di Terranova ha contribuito a smantellare le organizzazioni criminali dei La Barbera, Buscetta, Greco e Leggio. Il suo impegno e la sua determinazione nel contrastare la mafia lo hanno reso un bersaglio pericoloso per i mafiosi, che hanno cercato in tutti i modi di ostacolarne l’ascesa.
Nonostante la sua morte tragica, il suo esempio ha ispirato molti altri magistrati e uomini dello Stato a continuare la lotta contro la mafia. La strada di Corleone, dove risiedono i Riina, è stata intitolata al giudice Terranova, simbolo della resistenza e della determinazione nel contrastare il potere criminale della mafia. La sua memoria vive ancora oggi, a testimonianza dell’importanza della lotta contro la criminalità organizzata.