La criminalità giovanile continua a seminare terrore con efferati delitti commessi da ragazzi sempre più giovani. L’ultimo episodio avvenuto a San Sebastiano al Vesuvio ha visto un 17enne uccidere un bravo calciatore di 19 anni per un motivo futili. A Piacenza, invece, la piccola Aurora è stata vittima di un raccapricciante omicidio e l’ex fidanzato 15enne è stato ritenuto responsabile. A Napoli, ancora si piange la morte di Emanuele, 15 anni, ucciso da bande di coetanei durante uno scontro a fuoco nel centro storico della città.

Giuristi e sociologi spesso individuano nell’abbassamento dell’età imputabile il rimedio per questi crimini commessi da minori. Tuttavia, secondo l’autore, questa non è la soluzione giusta. Le scuole, soprattutto quelle nei quartieri più difficili, si trasformano in veri e propri tribunali, come dimostrano i dati relativi all’abbandono scolastico.

È importante capire perché questi ragazzi abbandonano la scuola o la odiano così tanto da essere espulsi. La scuola, anziché essere un luogo di accoglienza e formazione, diventa un tribunale spietato. È necessario riempire le aule di valori come l’ascolto, la condivisione dei problemi e il perdono per arginare la piaga della criminalità giovanile. Le famiglie possono avere i loro problemi, ma la scuola ha il compito di svolgere il suo ruolo educativo. Altrimenti, a questo ritmo, nessuno sarà al sicuro.

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