Nessuno sconto di pena per Diego Ofantino, 50enne napoletano, resosi responsabile di numerose rapine ad autotrasportatori tra le stazioni di servizio di Teano Sud, Palma Campania ma anche del Lazio, nonchè di sequestro di persona e violenza privata. La prima sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto dal 50enne, per mezzo del suo legale avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che in funzione di giudice dell’esecuzione ha accolto parzialmente la richiesta di continuazione tra più sentenze.
In particolare la Corte di Appello partenopea nel 2023 ha condannato il ricorrente alla pena di 7 anni di reclusione per i reati di rapina, sequestro di persona e violenza privata, commessi nell’agosto del 2009. Altresì la Corte di Appello di Roma nell’ottobre 2013 ha condannato Ofantino , per i medesimi reati a 5 anni di reclusione per fatti commessi nel 2010. Inoltre il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato il 50enne a 4 anni e 8 mesi di reclusione per fatti accaduti a Teano nell’aprile 2010. Il giudice dell’esecuzione ha quindi ravvisato un medesimo disegno criminoso tenendo conto dell’omogeneità dei reati ( rapine e sequestro di persona), dell’identità delle modalità esecutive (si tratta di rapine a conducenti di tir che venivano bloccati e incappucciati per ore, fino alla completa sottrazione e messa in sicurezza della refurtiva), del breve intervallo temporale tra le condotte delittuose (appena 8 giorni di distanza). Non dello stesso avviso la Corte territoriale che ha negato l’unicità del disegno criminoso poichè “pur avendo ad oggetto rapine in danno di autotrasportatori le stesse sono state commesse a distanza di oltre 8 mesi le une dalle altre in concorso con altri soggetti e in località diverse”.
Quindi in merito al riconoscimento parziale della continuazione la pena riformulata è stata fissata in 6 anni e 8 mesi di reclusione.
Avverso tale disposizione il legale del 50enne, nell’istanza alla Suprema Corte, ha lamentato vizi di legge e motivazione. Il ricorrente si duole che il giudice dell’esecuzione nel negare il beneficio abbia valorizzato unicamente il dato della distanza temporale e non l’unitarietà del disegno criminoso. Invero tale dato c’è: si tratta di rapine ai danni di autotrasportatori, effettuate con le stesse modalità operative (sopralluogo, individuazione della vittima, scelta del deposito presso cui occultare la merce, privazione della libertà all’autista, scelta dei luoghi dove agire, tutti corrispondenti a svincoli, rampe di scite autostradali o stazioni di servizio).
Per la Cassazione il ricorso è inammissibile e pertanto va rigettato ritenendo che “la rideterminazione della pena a seguito del riconoscimento del vincolo parziale della continuazione è stata operata in modo corretto”.