La paura, la morte, gli attentati: una serie di eventi che ha scosso le fondamenta dello Stato italiano. Dopo oltre 40 anni di processo, è emersa una verità storica innegabile: l’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano del 12 dicembre 1969 fu opera della destra estremista, desiderosa di prendere il controllo del Paese.

Quel tragico pomeriggio, una bomba esplose all’interno della banca, causando la morte di 17 persone e ferendo altre 88. In contemporanea, altre bombe vennero rinvenute a Milano e a Roma, generando panico e terrore. Si trattava di un attacco coordinato, un vero e proprio atto di guerra contro lo Stato.

Le indagini iniziali puntavano verso gli anarchici, ma in seguito emerse la pista neofascista. Franco Freda, Giovanni Ventura e altri membri del gruppo Ordine Nuovo furono indicati come possibili responsabili, ma nessuno di loro fu condannato per la strage di piazza Fontana.

La strategia della tensione, come la definì Pier Paolo Pasolini, aveva lo scopo di destabilizzare per controllare, trasformando l’Italia in un campo di battaglia ideologico. Oggi, a 55 anni di distanza, Milano rende omaggio alle vittime con una cerimonia solenne, ricordando che quelle ferite sono ancora aperte.

Piazza Fontana non è solo un luogo, ma il simbolo di una tragedia che non deve essere dimenticata. È un monito affinché eventi simili non si ripetano mai più nella storia del nostro Paese.

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