La legge 397/2000 ha introdotto importanti innovazioni che hanno permesso agli avvocati di svolgere investigazioni difensive in modo più libero. Tuttavia, la realtà è ben diversa dalle avventure cinematografiche di Perry Mason. Parliamo di questo con l’avvocato Simone Labonia.

Le regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive, approvate dal Consiglio delle Camere Penali, impongono all’avvocato di valutare attentamente la necessità di condurre indagini, sia per la difesa del suo assistito che per il procedimento in corso. Tuttavia, raramente un avvocato avvia autonomamente investigazioni difensive, principalmente per motivi economici e per la mancanza di preparazione professionale degli investigatori privati.

Negli ultimi anni, per intraprendere questa professione è necessario possedere una laurea, un master di specializzazione e tre anni di pratica. È fondamentale che i professionisti delegati dall’avvocato conoscano bene la normativa per instaurare fiducia e collaborazione.

Attualmente, l’investigatore privato svolge principalmente attività di colloquio investigativo non documentato, fornendo informazioni utili all’avvocato senza essere obbligato a riportare fatti sfavorevoli all’assistito. Questo permette all’avvocato di orientare le sue domande durante le indagini difensive e il dibattimento.

Per quanto riguarda gli ispezioni e i rilievi, la presenza dell’avvocato può essere utile per coordinare le attività, che devono comunque essere svolte da professionisti competenti. L’immagine dell’avvocato-investigatore eroico, che ha affascinato generazioni di spettatori, è ancora lontana dalla realtà dei tribunali.

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