Processo Limata-Gioia: richieste di pene giuste
Il processo per l’omicidio di Aldo Gioia ha visto momenti di tensione nell’aula di Corte di Assise di Avellino, dopo la richiesta del pubblico ministero Vincenzo Russo di 24 anni di reclusione per l’imputato Giovanni Limata e per l’ex fidanzata Elena Gioia. Limata ha reagito con segni di insofferenza e violenza, tanto da perdere i sensi e dover essere tradotto in carcere. La madre dell’imputato è stata allontanata dall’aula e l’imputata Elena Gioia non è stata presente alla requisitoria del pubblico ministero.
Il difensore dei fratelli Gioia, Brigida Cesta, ha depositato le conclusioni scritte e la richiesta di provvisionale immediatamente esecutiva, chiedendo “il giusto valore a quello che è successo… non c’è più uomo anche lui giovane. Chiediamo l’applicazione della pena che si ritiene più giusta. Non deve passare il messaggio che poichè sono giovani possono farla franca”.
L’avvocato di parte civile Francesca Sartori, nominata dalla moglie della vittima e dall’altra figlia Emilia, non si è associata alla richiesta del pubblico ministero, sostenendo che non si può parlare solo di immaturità ma che ci sono problemi di natura psichiatrica che l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato. Secondo la sua difesa, l’analisi del pm non è stata completa perché non ha valutato tutte le circostanze del caso concreto, la personalità di Elena che era minorenne, le sue problematiche e la sintomatologia invalidante della fibromialgia. Inoltre, la consulente del pm non ha esaminato l’aspetto dinamico della relazione e in che modo questa si è evoluta progressivamente in una relazione psicotica delirante.
La prossima udienza è fissata per il 24 maggio quando la parola passerà alle difese degli imputati. Dopo la camera di consiglio, mercoledì prossimo potrebbe essere emessa la sentenza.