Nella città di Napoli, la criminalità organizzata sembra ancora avere un forte impatto sulla vita quotidiana dei cittadini. Questo è dimostrato dal caso di Giuseppe G. e Emanuele Civita, entrambi figli di soggetti in odore di camorra e coinvolti nel ferimento di una bambina di 10 anni. Il loro ingresso nella caserma dei carabinieri è stato filmato e poi postato su TikTok, con commenti di incoraggiamento e supporto.
Questi giovani sono stati accusati di tentato omicidio e possesso di armi, e dovranno rispondere alle accuse in tribunale. Le loro storie sono simili a quelle di altri giovani nati e cresciuti in un periodo segnato da faide, omicidi, arresti e vendette.
Il parco Fiordaliso di Somma Vesuviana, definito il “parco dei napoletani”, è un luogo frequentato da fuoriusciti dalla periferia orientale. Da qui, i rapinatori si spostano verso nord per commettere i loro crimini, tornando poi la domenica notte.
Giuseppe G. è stato difeso dal penalista Antonio Sorbillo, ed è stato colpito dalla morte del padre, ucciso nel 2014 per non aver pagato la tangente al clan di riferimento. Anche Emanuele Civita ha un padre affiliato ai D’Avino, e dovrà rispondere alla domanda principale: dove ha preso la mitraglietta?
Nel video che li ritrae durante la scorreria armata, si può vedere come questi giovani si contendono le “zone neutre” della città, legate alla movida e alle aree del relax. Le guerre tra paranze sono guerre di posizione, e in gioco ci sono il lungomare di Napoli, il centro storico e le aree frequentate da interi nuclei familiari.
In questo contesto, Giuseppe e Emanuele sembrano cercare di imporsi come vittime e carnefici del sangue innocente, cercando di contare qualcosa nella società in cui vivono. Tuttavia, la loro scelta di usare la violenza per ottenere ciò che vogliono sembra essere una strada senza uscita. La giustizia dovrà fare il suo corso, ma è necessario anche un impegno per prevenire la criminalità organizzata e offrire alternative ai giovani che rischiano di cadere nelle sue grinfie.