Nel giugno del 1993, la città di Salerno fu scossa da una serie di eventi che coinvolsero politici, imprenditori e magistrati. Il primo imprenditore ad essere arrestato fu Gerardo Satriano, accusato di finanziare illegalmente la società socialista Infomer, editrice del quotidiano “Il Giornale di Napoli”. Durante gli interrogatori, Satriano accusò Enrico Zambrotti, definito la “mente finanziaria del PSI contiano”, di aver incassato miliardi di lire dalle imprese facenti capo ad altri imprenditori come Vincenzo Ritonnaro, Zecchina e Schiavo. Il processo alla Infomer fu molto controverso e la difesa tentò di intrappolare l’avvocato Marco Siniscalco come “il grande delatore”. Tuttavia, la sua difesa portò alla scoperta di una microspia piazzata da Santacroce per Ritonnaro.
Ma il 13 giugno 1993, giorno dedicato alla festività religiosa di Sant’Antonio, la notizia che fece scalpore fu quella pubblicata dal quotidiano “Il Mattino” sulla presunta fotografia del deputato Carmelo Conte con il procuratore generale Antonio Albano ad Eboli. Il procuratore capo di Sala Consilina, Domenico Santacroce, accusò i due di essersi incontrati segretamente con la moglie di Enrico Zambrotti, già in carcere da qualche mese. Questo evento, se vero, avrebbe potuto alimentare le teorie del complotto sulla connivenza tra la magistratura e la politica. Tuttavia, il caso si chiuse da solo e finì nel dimenticatoio.
Ma la contro-tangentopoli non tardò ad arrivare: alcuni magistrati napoletani denunciarono il modo con cui alcuni magistrati della Procura di Salerno avevano gestito il pentito Giuseppe Cillari, camorrista di seconda linea, analfabeta e incapace di relazioni interpersonali. Questo episodio avrebbe avuto un effetto devastante sulle indagini che riguardavano la vicenda Cirillo, l’assessore regionale rapito dalle Brigate Rosse su ordine di Raffaele Cutolo, sull’omicidio Casillo, il luogotenente a Roma di Cutolo, e sulle dichiarazioni di Galasso contrastanti con quelle del Cillari.
Infine, un altro evento inquietante fu la scomparsa per alcuni giorni del procuratore capo di Sala Consilina, Domenico Santacroce. Si venne a sapere che era stato messo sotto scorta e blindato in una località segreta dagli uomini della DDA. Si trattava di un timore reale per la sua vita o di una necessaria montatura per aggravare ancora di più il clima di tensioni e di sospetti? Questi eventi, seppur lontani nel tempo, sono ancora oggi fonte di riflessione sulla connivenza tra politica e magistratura e sulle difficoltà dei processi contro la criminalità organizzata.