La speranza non muore nel Parco Verde di Caivano: intervista a Monsignor Angelo Spinillo

Nel Parco Verde di Caivano, una zona della diocesi di Aversa, la speranza sembra svanire di fronte alla violenza e all’omertà che regnano sovrane. Tuttavia, Monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa, afferma che la speranza non può e non deve morire. Nonostante gli episodi drammatici che si verificano in questa zona, la gente che vive lì continua a desiderare il bene e a lottare per costruire una comunità migliore.

La Chiesa, insieme a don Maurizio Patriciello e ad altri confratelli, si impegna attivamente nel Portco Verde per promuovere la solidarietà e la fiducia tra le persone. La Chiesa denuncia l’orrore e non si tace di fronte alle ingiustizie. Monsignor Spinillo proporrà a Papa Francesco di visitare il Parco Verde durante una sua possibile futura visita in Campania, perché la presenza del Papa sarebbe un segnale forte di attenzione e vicinanza.

Tuttavia, la responsabilità di cambiare la situazione non spetta solo alla Chiesa, ma anche allo Stato. La Chiesa agisce con solidarietà e vicinanza, ma anche lo Stato deve fare la sua parte. Se lo Stato permette che il Parco Verde cada a pezzi, che cosa dedurranno le persone che vivono in questa realtà? Che sono stati abbandonati e dimenticati dallo Stato. La speranza rischia di morire e la fiducia nello Stato rischia di svanire.

Monsignor Spinillo fa degli esempi concreti di abbandono nel Parco Verde. Un capannone, dove si sono consumati gli orrori sulle cuginette, è diventato un monumento all’abbandono. Un teatro, un tempo vivo di rappresentazioni, è ora vuoto e abbandonato. Lo Stato non può permettere che le opportunità vengano sprecate e che la comunità viva nel degrado.

Come possiamo uscire da questa situazione? La gente deve riacquistare fiducia nelle istituzioni educative e amministrative. Gli amministratori devono agire e non possono giustificarsi con scuse o pretesti.

Nel frattempo, ci sono due vittime principali: le due cuginette abusate. Queste ragazzine sono vittime di una solitudine spaventosa e della mancanza di frequenza scolastica. La mancanza di attenzione da parte dei genitori o degli organismi sociali non poteva passare inosservata. Riportarle a scuola avrebbe potuto aiutarle a difendersi e a sentirsi parte di un progetto e di un mondo diverso.

Ma non sono solo le cuginette le vittime. Anche le famiglie e i genitori lo sono. E anche i carnefici, i ragazzi che sono cresciuti nell’ambiente della violenza e della sopraffazione e che trovano nel branco una comunità di appartenenza. Questi ragazzi hanno bisogno di essere tirati fuori da questo mondo di violenza e portati nel mondo del vero sapere, per poter crescere in modo sano.

Le famiglie delle cuginette lamentano il fatto che le ragazze siano state allontanate da loro e mandate in comunità, mentre i carnefici non hanno ancora affrontato le conseguenze dei loro atti. Monsignor Spinillo sostiene che l’allontanamento dal luogo delle violenze non è un male, ma una possibilità che lo Stato offre per proteggere le vittime. Allo stesso modo, i responsabili di questa tragedia devono essere puniti e rieducati, ma devono anche avere una possibilità di redenzione. Non dobbiamo uccidere la speranza, né la nostra né la loro.

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