Morto un boss, ne nasce subito un altro. È un fenomeno che si ripete costantemente, proprio come accade per il Papa. E proprio come se si trattasse di Sua Santità, il boss viene osannato, celebrato, le sue gesta decantate come se fossero imprese eroiche. Se poi il boss in questione è uno di quelli che comandava sulla cosiddetta “cupola”, ai vertici di Cosa Nostra palermitana, le celebrazioni superano ogni immaginazione.

Pochi istanti dopo la morte dell’ex latitante Matteo Messina Denaro, sui social network sono iniziati a fioccare post di omaggio e di celebrazione per il boss. Nessuno, ovviamente, ha definito il 61enne capo di Cosa Nostra come una “brava persona, sempre gentile”. Tutti erano e sono consapevoli della carriera criminale e violenta di Messina Denaro, ed è proprio questa che viene sottolineata, rivendicata e festeggiata in modo allarmante e disarmante. “Sei stato grande” è uno dei messaggi sui social che dice molto. Oppure “Riposa in pace boss”.

“È successo in modo imponente con la morte di Raffaele Cutolo e poi, ad esempio, anche dopo quella di Pupetta Maresca. Accade ogni volta oppure restiamo sempre sconcertati e anche meravigliati, forse perché, anche ingenuamente, crediamo che nel frattempo qualcosa sia cambiato”, dichiara il deputato dell’alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli, a cui diversi utenti hanno segnalato i post a favore del boss Messina Denaro. “È cambiato davvero molto poco, almeno per quanto riguarda la parte malata della società e la zona grigia. Siamo sempre più convinti che sia urgente introdurre il reato di apologia di mafia e camorra, perché un certo modo di pensare e di parlare non solo deve essere estirpato, ma anche punito”.

“Da tempo ci battiamo contro il fenomeno di fiction e film incentrati sulla criminalità, in cui questa viene innalzata a regina della società. Non chiediamo certo la censura, ma sicuramente occorre mettere un freno a questo bombardamento continuo e osceno di prodotti e scene di violenza e crimine che hanno indubbiamente un’influenza sulle menti giovani, ma anche su quelle meno giovani”, conclude il deputato. “Facciamo chiarezza, però. Un bravo ragazzo non diventa un rapinatore perché ha visto un episodio di una fiction sulla malavita. Questi prodotti, però, hanno un’influenza estetica su coloro che hanno già intrapreso o stanno per intraprendere la vita di strada. Il modo di impugnare una pistola, di rispondere in modo arrogante a un avversario, di approcciarsi ai più deboli, il desiderio ossessivo di denaro, lusso e potere. Sono questi gli aspetti su cui certi fenomeni televisivi e mediatici hanno un effetto, rendendo vani ogni tentativo di rieducazione e redenzione”.

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