Il paracetamolo: un farmaco comune ma non innocuo

Spesso quando sentiamo la parola “medicinale” associamo immediatamente la paura che possa essere dannoso per noi, rimanendo scettici sul suo consumo. Altre volte, invece, quando un farmaco diventa di “uso comune”, tendiamo a sottovalutarlo, considerandolo privo di potenziali effetti dannosi. Ma dove sta la verità? La verità sta nel mezzo: nessun medicinale, sia esso di origine sintetica o naturale, è esente da potenziali effetti collaterali, soprattutto in relazione al suo dosaggio, quindi l’attenzione deve essere sempre alta.

Il paracetamolo è un principio attivo che si trova principalmente come farmaco da banco, ma a dosaggi superiori anche come farmaco prescritto su ricetta. Viene comunemente utilizzato come antipiretico per la sua azione sui centri regolatori della temperatura, ma presenta anche un’ottima attività analgesica, quindi può essere utilizzato come antidolorifico in numerose patologie. Il meccanismo d’azione non è ancora completamente chiarito, ma sembra agire direttamente sul sistema nervoso centrale, mediato dal sistema oppioide e serotoninergico.

Il paracetamolo è disponibile in diverse formulazioni e viene utilizzato in tutte le categorie di pazienti, dai bambini alle donne in gravidanza, poiché di solito è considerato un farmaco molto sicuro anche a dosi elevate, ma non innocuo. Infatti, anche se si assume una dose molto superiore a quella raccomandata o piccole dosi per periodi prolungati, può provocare un avvelenamento con danneggiamento del fegato e insorgenza di insufficienza epatica.

Nella maggior parte dei casi di sovradosaggio, i sintomi non sono immediati, ma si manifestano in quattro stadi. Dopo diverse ore dall’assunzione, il soggetto sembra non essere malato ma inizia a vomitare. Nel corso dei giorni, compaiono nausea, dolore addominale, vomito persistente, ittero e insufficienza renale. A questo punto, vengono eseguiti esami di laboratorio che mostrano livelli elevati di paracetamolo nel sangue e un malfunzionamento del fegato.

Nel caso di avvelenamento da paracetamolo, il trattamento prevede la somministrazione di carbone attivo se l’assunzione è avvenuta molte ore prima, oppure di acetilcisteina per via orale o endovenosa per prevenire ulteriori danni al fegato, ma non risolve il danno se questo si è già verificato.

Quindi, non bisogna sottovalutare l’uso del paracetamolo, ma nemmeno allarmarsi eccessivamente. È importante seguire le dosi raccomandate e non abusarne, soprattutto in caso di assunzione prolungata. In caso di dubbio o sintomi anomali, è sempre consigliabile consultare un medico. La sicurezza e l’efficacia dei farmaci dipendono anche dalla nostra corretta informazione e consapevolezza.

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